Se mi è consentito azzardare una lettura allegorica, alla moda degli Alessandrini, credo potremmo cogliere un’importante lezione per l’uomo contemporaneo e la sua angosciosa ricerca di senso: Zaccheo si arrampica in alto per vedere Gesù, e come risposta il Signore gli intima di scendere, perché quell’oggi mangerà a casa sua.
Oggi siamo ossessionati da un lanciarci in avanti, sulle tecnologie, sulle scoperte, sul raggiungere i confini e i limiti più reconditi dell’universo stesso. Questo movimento, però, lungi dall’essere il sano “uscire da sé” di Lewis, è in realtà una falsa apertura, è un lanciarsi dell’uomo sulle cose esterne, un lanciare se stesso su di esse, non un uscire da esso. Non dico ciò per criticare il progresso, ma non varrà a nulla all’uomo accumulare conoscenze e ricchezze in merito all’Universo se nel frattempo svuota se stesso e inaridisce il suo spirito.
In questo siamo come Zaccheo che lascia la sua casa per arrampicarsi su un albero, e invece è in casa sua che il Signore vuole recarsi: in casa sua, nel luogo della sua intimità e degli affetti, nel luogo della sincerità.
Anche sul piano apologetico, non reggerà mai alcuna argomentazione sulla razionalità della fede cristiana, e sulla sua ragionevolezza, che non sia basata sul concreto della vita di Gesù e dei suoi santi: nessuna ricerca nelle stelle proverà l’esistenza di Dio, quanto piuttosto il ricercare nella storia le tracce di quel Dio fattosi carne. E poi, in una prospettiva più spirituale, nel trovare nelle nostre storie, nelle nostre vite, le tracce evidenti di quel Dio che resuscitò Gesù dai morti e ce lo mise accanto, perché continuasse a camminare con noi. Ogni segno nel cielo dell’Esistenza di Dio sarà solo un di più, un oltre, altrimenti potrebbe provare l’esistenza di un dio, ma non del Dio cristiano.
Ma fuori dal discorso apologetico, un cristiano non può fermarsi qui, non può trattare Gesù come un morto, perché altrimenti cercherebbe fra i morti colui che è vivo.
Nella storia possiamo trovare le tracce di Gesù, ma Gesù nella sua interezza lo possiamo trovare solo nella fede nella resurrezione, e nell’ascolto di tutto quello che ci ha ancora detto dopo, e che ancora oggi ci dice. Gesù è ancora disposto a venire nelle nostre case: arrampicarci sugli alberi non ci aiuterà a trovarlo: la prima ricerca e il primo lavoro devono essere dentro di noi, e da dentro di noi verso gli altri, nei rapporti umani e nelle nostre vite.
un giovane della diocesi
(Lc 19,1-10) In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: “Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua”. Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: “È entrato in casa di un peccatore!”. Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: “Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto”. Gesù gli rispose: “Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto”.