La stagione musicale 2022- 23 dell’Orchestra Sinfonica Giovanile del Piemonte è stata aperta sabato 22 ottobre all’Auditorium Mozart in modo trionfale e tutto… nostrano: l’Orchestra Giovanile, al gran completo, era diretta da Gianni Monte, suo fondatore e direttore stabile e direttore del Liceo Musicale, e si è avvalsa della collaborazione del clarinettista Flavio Lodi, anch’egli docente al Liceo Musicale di Ivrea.
Numeroso il pubblico, attirato dai protagonisti della serata e dal programma incentrato sul nome di Mozart, con due capolavori della sua ultima stagione creativa: il Concerto per clarinetto e orchestra in la maggiore KV 622 e La Sinfonia n. 40 in sol minore K. 550.
Il Concerto per clarinetto vide la luce nel 1791, anno della morte del compositore, ed è l’ultimo Concerto composto da Mozart che preferì, negli ultimi mesi di vita, dedicarsi ad altro genere di opere, quali il Requiem, che non riuscì a finire, e il “Flauto magico”, da molti considerato il suo vero testamento spirituale.
Il Concerto appare come un gioiello prezioso, incastonato fra opere di più vasto respiro: nei suoi tre tempi canonici, limpidi, scorrevoli, con la solarità e l’apparente semplicità mozartiana, in realtà ricca di sottintesi e significati remoti, conferma ancora una volta quanto fu detto del suo autore: “la sua musica è come gli occhi di un bambino: sono limpidi e sembra di leggervi dentro tutto, ma non ne vedi il fondo”.
Questo fascino sottile serpeggia in tutti i movimenti e, mentre gratifica l’orecchio, tocca il cuore.
Lodi, Monte e l’orchestra l’hanno penetrato a fondo, creando un capolavoro di espressività, ora aggraziata e sorridente, ora più “impegnata” e pensosa, sempre rispettosa del dettato testuale, ed evidenziando, con la cura dei dettagli, i meandri del linguaggio musicale.
Molto toccante il fraseggiare di Lodi, ottime le sue scelte dinamiche, suadente il suono tratto dal suo strumento, con la valenza simbolica che gli è propria, calda e sentita la cantabilità del movimento lento, così bello che al temine del concerto è stato ripetuto come bis (ed è venuto meglio della prima volta!).
La Sinfonia n. 40 in sol minore è forse la più nota e la più amata delle Sinfonie di Mozart.
Come le sue due “sorelle”, con cui forma la stupenda trilogia delle ultime sinfonie (1788), è opera di grande respiro, ampiezza di impianto e di svolgimenti, ricchezza tematica, complessità di linguaggio e di intrecci fonici.
Nulla di “apollineo” (termine molto usato, a proposito e a sproposito, per la musica del maestro di Salisburgo), ma senso tragico di inquietudine, abbandono, dramma che pervade, declinato in modo diverso, tutti i quattro movimenti.
L’orchestra, in piena forma e in atteggiamento positivo e scattante sotto la direzione del ”suo” maestro, ha dato prova di notevole capacità tecnica e strumentale e di grande maturità espressiva nell’affrontare questo capolavoro seguendo con intelligenza e consapevolezza le scelte interpretative di Monte: scelte che hanno evidenziato lo spirito tragico che percorre tutti i movimenti, dalla perorazione insistita e smarrita del primo tempo, al lungo lamento dell’Andante, al Minuetto, che prefigura da lontano certi “terribili” Scherzi beethoveniani, all’affanno del Finale che sembra anelare disperatamente a un riposo impossibile.
Ritmi incalzanti, piani sonori e intrecci strumentali sviscerati nel loro significato più riposto in un linguaggio nitido e parlante con un fraseggio deciso, ma pronto a stemperarsi in note morbidamente dolenti hanno sbalzato a tutto tondo questo capolavoro, trascinando il pubblico in ovazioni entusiastiche.
Carla Zanetti Occleppo
Redazione Web