Con il ministro degli Interni Piantedosi, suo braccio destro, Salvini ha tentato sui migranti di riportare indietro l’orologio della storia, al 2018-19, quando l’allora premier Conte gli consentì di attuare la politica dei respingimenti. Oggi la sua linea è fallita perché la Meloni, di fronte alle crescenti contestazioni, ha deciso lo sbarco di tutti i profughi a Catania, ottenendo da Macron il “contentino politico” di accogliere a Marsiglia una delle navi ONG, l’Ocean Viking.

Perché il dietro-front del Governo? Per molte ragioni. Anzitutto il decreto Piantedosi-Salvini-Crosetto di sbarco selettivo delle sole persone fragili era incostituzionale perché – come ha rilevato l’autorevole giurista Flick, già presidente della Consulta – nessuna norma della Carta consente discriminazione tra le persone, ancor meno se effettuate dal Governo. Ci sono state poi le contestazioni della società civile e dell’opposizione politica, a cominciare dal Pd. Molto importanti le parole del Papa, nel viaggio di ritorno dal Bahrein: urgente l’intervento europeo, indispensabile l’accoglienza di “tutti” i migranti. Inizialmente l’intervento di Francesco è stato strumentalizzato, dimenticando i suoi mille pronunciamenti contro la politica dello scarto. Nei fatti è avvenuto come richiesto: nessuna selezione eugenetica dei migranti, aiuto europeo dalla Francia.

La ripetizione dei blocchi dei porti era poi particolarmente assurda nel diverso contesto storico: come si può parlare di “difesa dei confini” in relazione a quattro navi delle ONG, piene di donne e bambini, mentre nel cuore dell’Europa infuria una guerra vera, con Putin che minaccia l’atomica, contro tutta l’Europa, Italia in primis. Quali sono i confini in pericolo?

Sull’Europa è giusta la richiesta di una doverosa ripartizione dei profughi, ma non va dimenticato che sono i Paesi del blocco di Visegrad (in primis Ungheria e Polonia) ad opporsi alla solidarietà: infatti l’ungherese Orban si è subito complimentato con le iniziative del ministro Piantedosi. Va inoltre ricordato – secondo un rapporto dell’Onu – che nel 2021 l’Italia è stata la quarta nazione europea per l’accoglienza di rifugiati, dopo Germania, Francia e Spagna, mentre quest’anno l’immigrazione dalla martoriata Ucraina è il doppio di quella afro-asiatica: perché discriminare tra “gli scarti” dell’umanità? Non sono tutte persone sofferenti e bisognose di aiuto?

C’è infine un ultimo (non come importanza) elemento di valutazione offerto dalla struttura Migrantes della CEI: l’immigrazione in Italia (cinque milioni e duecentomila persone) è inferiore all’emigrazione, soprattutto giovanile (cinque milioni e ottocentomila). In questo contesto di calo demografico (anche per la caduta delle nascite), come si può parlare di “invasione” straniera?
Su un tema così delicato sarebbe opportuno smettere i vestiti della campagna elettorale, della contrapposizione a ogni costo, partendo dal rispetto per tutte le persone.

Anche sul tema delicatissimo della pace le forze politiche debbono uscire dalla corsa ai sondaggi, dando la priorità ai valori in campo, in una guerra Mosca-Kiev che sembra senza fine. Nel presentare la riuscitissima manifestazione di Roma, con centomila partecipanti, il fondatore della Comunità di S. Egidio, Andrea Riccardi, aveva indicato i due obiettivi: tregua immediata, conferenza di pace sotto l’egida dell’Onu.

L’ex premier Conte, nuovo leader grillino, ha invece cercato di “intestarsi” la manifestazione unitaria, introducendo criteri di divisione e dimenticando che il suo partito, nel Governo Draghi di solidarietà nazionale, era stato determinante nel voto a favore delle armi all’Ucraina. Analogamente le polemiche con l’altra manifestazione di Milano, promossa da Calenda, non sono apparse un contributo alla causa della pace, ma una stucchevole rincorsa di campagna elettorale (tardiva).

Il clima politico complessivo permane teso in entrambi gli schieramenti, nella maggioranza i sondaggi pro-Meloni (il suo partito sfiora il 30%) rendono sempre più inquieti Berlusconi e Salvini, ridotti a percentuali di voto a una cifra; nell’ex centro-sinistra continuano le “guerre puniche” di Conte, Calenda, Renzi contro Letta, nella logica “guai agli sconfitti”.

Ma le questioni sociali premono: lo stanziamento di 31 miliardi per il caro-bollette annunciato dal Governo potrebbe bastare sino a primavera, se la crisi energetica dovesse continuare. Per il dopo sarebbe necessaria una legislazione d’emergenza, che renderebbe indispensabile un rapporto costruttivo maggioranza-opposizione. In altre parole: è il momento di sotterrare “le banderine”.