In memoria di don Giuseppe Pasteris, della cui scomparsa e delle cui esequie avevamo dato notizia la scorsa settimana, riceviamo e molto volentieri pubblichiamo questo scritto a firma di don Arnaldo, prevosto di Borgofranco e vicario foraneo della Valle Dora.
Con la morte di don Giuseppe Pasteris – inaspettata per noi, ma non per Lui – le Comunità della Valle Dora perdono un sicuro, autorevole e paterno punto di riferimento spirituale.
La nostra Vicaria ha rappresentato l’approdo finale di una vita sacerdotale – lunga 60 anni – generosamente spesa “per la gloria di Dio e il bene delle anime”.
Nativo di Tronzano Vercellese (17 gennaio 1938) crebbe senza aver conosciuto il padre, morto prematuramente, con il sostegno e l’affetto della mamma.
Per l’animo delicato e l’intelligenza ben disposta agli studi, fu indirizzato al Seminario minore di Moncrivello.
Note di merito, per la condotta e l’applicazione agli studi, l’hanno accompagnato fino all’ordinazione Sacerdotale ricevuta a giugno 1962.
Si spalancava per lui un esteso campo di attività pastorale, mentre per la Chiesa Universale, si annunciava il tempo del Concilio Vaticano II, convocato a sorpresa da Papa Giovanni XXIII.
L’impatto delle deliberazioni conciliari sulla generazione di preti di quegli anni fu, a dir poco “traumatico”.
L’apertura alla modernità, l’accoglienza del pluralismo, la riforma liturgica, da molti salutate come conquiste, non potevano che rappresentare altrettante “spine dolorose” per chi si era preparato al ministero con tutt’altre disposizioni e convinzioni.
Il nostro don Pasteris ne fu segnato in modo permanente; la sua indole e l’ansia pastorale tendente al perfezionismo gli complicarono ulteriormente l’esistenza, come pure l’inesausta ricerca di una comunità parrocchiale che lo corrispondesse.
A sostenerlo rimase sempre una fede “granitica” alimentata dalla preghiera e l’infaticabile esercizio del ministero sacerdotale esercitato come “ministro di Cristo e annunciatore del mistero di Dio”.
Consapevole e convinto, poteva ben ripetere con San Giovanni Paolo II: “C’è al mondo una realizzazione della nostra umanità che sia più grande del poter ripresentare ogni giorno, in persona Christi, il sacrificio redentivo, lo stesso che Cristo consumò sulla croce?”.
Se celebrare l’Eucarestia è e resta la funzione più sublime e più sacra di ogni presbitero, con il Sacramento della Riconciliazione il sacerdote è testimone e strumento della misericordia divina.
Proprio nel confessionale, nella puntuale assidua cura del Sacramento, don Giuseppe ha espresso e realizzato la sua paternità spirituale.
Dismesse le responsabilità di carattere amministrativo si è totalmente offerto e consacrato come “testimone dell’Invisibile”, così lo abbiamo conosciuto e stimato.
La nostra gratitudine si cambi per Lui in pace, luce e gioia infinite.
don Arnaldo Bigio
Redazione Web