L’ufficio Nazionale Comunicazioni Sociali della Conferenza Episcopale Italiana ha diramato il testo del messaggio per la 45a Giornata Nazionale per la Vita che sarà celebrata il 5 febbraio prossimo, col titolo “La morte non è mai una soluzione” e che prosegue con il versetto “Dio ha creato tutte le cose perché esistano; le creature del mondo sono portatrici di salvezza, in esse non c’è veleno di morte”, tratto dal Libro della Sapienza. “Dare non la morte ma la vita, generare e servire sempre la vita” è l’invito chiaro dei vescovi italiani.

In questo nostro tempo, quando l’esistenza si fa complessa e impegnativa, quando sembra che la sfida sia insuperabile e il peso insopportabile, sempre più spesso si approda a una soluzione drammatica: dare la morte”, scrivono i vescovi e constatano “come il produrre morte stia progressivamente diventando una risposta pronta, economica e immediata a una serie di problemi personali e sociali. Tanto più che dietro tale soluzione è possibile riconoscere importanti interessi economici e ideologie che si spacciano per ragionevoli e misericordiose, mentre non lo sono affatto”.

“Quando un figlio non lo posso mantenere…Quando una malattia non la posso sopportare… Quando la relazione con il partner diventa difficile… Quando il male di vivere si fa insostenibile e nessuno sembra bucare il muro della solitudine… Quando l’accoglienza e l’integrazione di chi fugge dalla guerra o dalla miseria comportano problemi economici, culturali e sociali… Quando si acuiscono le ragioni di conflitto tra i popoli…”: sono sei situazioni di vita quotidiana che i vescovi portano come esempio e per i quali – notano – la risposta risolutiva è quella che “a poco a poco, la cultura di morte si diffonde e ci contagia”.

Quale proposta esce allora dal messaggio per la Vita della Cei? “Il Signore crocifisso e risorto – ma anche la retta ragione – ci indica una strada diversa: dare non la morte ma la vita, generare e servire sempre la vita. Ci mostra come sia possibile coglierne il senso e il valore anche quando sperimentiamo la vita come fragile, minacciata e faticosa. Ci aiuta ad accogliere la drammatica prepotenza della malattia e il lento venire della morte, schiudendo il mistero dell’origine e della fine. Ci insegna a condividere le stagioni difficili della sofferenza, della malattia devastante, delle gravidanze che mettono a soqquadro progetti ed equilibri… offrendo relazioni intrise di amore, rispetto, vicinanza, dialogo e servizio. Ci guida a lasciarsi sfidare dalla voglia di vivere dei bambini, dei disabili, degli anziani, dei malati, dei migranti e di tanti uomini e donne che chiedono soprattutto rispetto, dignità e accoglienza. Ci esorta a educare le nuove generazioni alla gratitudine per la vita ricevuta e all’impegno di custodirla con cura, in sé e negli altri. Ci muove a rallegrarci per i tanti uomini e le donne, credenti di tutte le fedi e non credenti, che affrontano i problemi producendo vita, a volte pagando duramente di persona il loro impegno; in tutti costoro riconosciamo infatti l’azione misteriosa e vivificante dello Spirito, che rende le creature “portatrici di salvezza”. A queste persone e alle tante organizzazioni schierate su diversi fronti a difesa della vita va la nostra riconoscenza e il nostro incoraggiamento”.

Ma poi, dare la morte funziona davvero? È efficace? È la questione che pongono i vescovi italiani. Aborto, eutanasia, femminicidi, violenza sui bambini, suicidi adolescenziali, aggressività delle baby-gang, guerre… tante sono le situazioni analizzate nel Messaggio alle quali c’è risposta: “Dare la morte come soluzione pone una seria questione etica, poiché mette in discussione il valore della vita e della persona umana – si legge –. Alla fondamentale fiducia nella vita e nella sua bontà (per i credenti radicata nella fede) che spinge a scorgere possibilità e valori in ogni condizione dell’esistenza, si sostituisce la superbia di giudicare se e quando una vita, foss’anche la propria, risulti degna di essere vissuta, arrogandosi il diritto di porle fine. Desta inoltre preoccupazione il constatare come ai grandi progressi della scienza e della tecnica, che mettono in condizione di manipolare ed estinguere la vita in modo sempre più rapido e massivo, non corrisponda un’adeguata riflessione sul mistero del nascere e del morire, di cui non siamo evidentemente padroni. Il turbamento di molti dinanzi alla situazione in cui tante persone e famiglie hanno vissuto la malattia e la morte in tempo di Covid ha mostrato come un approccio meramente funzionale a tali dimensioni dell’esistenza risulti del tutto insufficiente. Forse è perché abbiamo perduto la capacità di comprendere e fronteggiare il limite e il dolore che abitano l’esistenza, che crediamo di porvi rimedio attraverso la morte?”.

Concludono i vescovi italiani: “La Giornata per la vita rinnovi l’adesione dei cattolici al ‘Vangelo della vita’, l’impegno a smascherare la ‘cultura di morte’, la capacità di promuovere e sostenere azioni concrete a difesa della vita, mobilitando sempre maggiori energie e risorse. Rinvigorisca una carità che sappia farsi preghiera e azione: anelito e annuncio della pienezza di vita che Dio desidera per i suoi figli; stile di vita coniugale, familiare, ecclesiale e sociale, capace di seminare bene, gioia e speranza anche quando si è circondati da ombre di morte”.

c.m.z

Redazione Web