Un direttore sprintoso, pieno di verve e grinta che si estrinsecavano in una gestualità scattante e decisa, sorretta da un buon supporto… ginnico, un’ottima orchestra dall’esperienza ben sedimentata e un violinista strepitoso che, a 22 anni, esegue brani difficilissimi con disinvoltura incredibile: gli ingredienti che hanno fatto esplodere l’entusiasmo del pubblico che gremiva l’Auditorium “Mozart” lunedì sera, al secondo concerto della stagione 2022-23 dell’Orchestra Sinfonica Giovanile del Piemonte.
Già conoscevamo l’Orchestra “Bartolomeo Bruni” della Città di Cuneo, ospite ormai fissa, e attesa, dell’Auditorium, e avevamo già apprezzato il maestro Andrea Oddone, alla guida della stessa; la grande novità era il violinista Indro Borreani: nato a Carmagnola, ha studiato a Cuneo, si è perfezionato in importanti masterclasses ed è risultato vincitore di numerosi premi nazionali ed internazionali. Un ragazzo dall’aria semplice, che dimostra anche meno dei suoi 22 anni, viso pulito sotto la frangia scura, atteggiamento sicuro senza strafottenza: ma quando inforca il violino e suona le prime note drizzi le orecchie, ti accorgi che c’è qualcosa che val la pena di essere ascoltato con la massima attenzione, un talento che non puoi lasciarti sfuggire senza averlo capito a fondo per… ricordarlo bene.
Paganini: il grande violinista e compositore di musiche irte di enormi difficoltà per gli esecutori, virtuosismi mirabolanti, effetti particolari su tutto il registro dello strumento, un materiale sonoro incandescente che il giovane Indro ha plasmato in modo mirabile e con apparente “facilità” nel Primo Concerto per violino e orchestra in re maggiore.
La tecnica violinistica pare non aver segreti per Boreani, che, inoltre, stupisce per la maturità dell’interpretazione: il suono purissimo, il fraseggiare e le dinamiche rendono “parlante” il linguaggio dei suoni e i messaggi contenuti nei vari movimenti, e rendono con grande espressività il clima peculiare ad ogni tempo, ad ogni passaggio direi, evidenziando ora il tono serioso, ora scherzoso, ora liricamente morbido e avvolgente, ora dialogante con gli strumenti dell’orchestra su un piano paritetico; magari “giocando” con il vocione degli ottoni su un tenue pizzicato degli archi… senza mai lasciarsi sopraffare, né “strillare” per farsi sentire, in un equilibrio fonico perfetto, dovuto certamente all’attenta e sapiente calibratura impressa all’esecuzione dal maestro coadiuvato dalla bravura degli orchestrali, cornice ideale, discreta ed espressiva per il dipanarsi delle volute sonore del violinista.
Dopo un bellissimo bis per violino solo (Bach: scelta raffinatissima, dopo il robusto Concerto di Paganini), l’orchestra ha eseguito la Sinfonia Italiana n. 4 in la maggiore di Mendelssohn-Bartholdy. Un’opera amata dai pubblici di tutto il mondo, bella, luminosa, con le suggestioni della musica e del belcanto della nostra terra.
Stupendo il canto del movimento lento, trascinante il Saltarello finale.
Trascinante come tutta l’esecuzione, vivace, brillante, scorrevole, senza indugi o ripensamenti.
Molto varia la strumentazione con ampio impiego di fiati, sia legni che ottoni, in impasti ricchi di fascino che hanno fatto emergere la bravura dei singoli strumentisti e l’affiatamento dell’insieme, nelle parti omoritmiche E nella polifonia, e il gusto di “giocare” con le note, divertirsi con la musica in un gioco, “ma un gioco molto serio” per dirla con Goethe, sotto la bacchetta leggera ma inflessibile di Oddone.
Carla Zanetti Occleppo
Redazione Web