(f.z.) Siamo davanti a una delle scene più rappresentate dall’umanità, attraverso diverse forme d’arte: siamo di fronte alla Natività. Una scena dapprima ben presente nelle pitture delle chiese e poi, dopo l’ispirata intuizione di San Francesco d’Assisi, divenuta presepe, admirabile signum nelle case del popolo cristiano. Presepi di ogni dimensione e materiale adornano anche le strade e le piazze dei nostri paesi e spingono a riflettere sul mistero dell’Incarnazione.
Qualche tempo fa, ho visitato una sperduta quanto affascinante frazione di montagna, una di quelle in cui è possibile imbattersi in anima viva solo d’estate. Nei giorni della festa patronale la borgata si presenta al meglio: le case dei villeggianti aperte, con i balconi fioriti, la graziosa chiesetta pronta ad accogliere i pellegrini.
L’attrazione “turistica” del luogo, al di là delle bellezze naturali, è costituita da un presepe sorprendente, che deve essere costato anni di paziente fatica all’artigiano che lo costruì, fino a raggiungere un risultato magnifico. Vi sono rappresentati tutti i mestieri e le situazioni quotidiane, e ogni personaggio è in movimento: il pastore conduce la sua pecora, il boscaiolo mena grandi fendenti di scure sul tronco dell’albero, il panettiere inforna la focaccia, una donna cuce al telaio, un’altra rassetta la casa, mentre un’anziana scosta una tenda, occhieggia dalla finestra e controlla la situazione. La descrizione potrebbe continuare a lungo: non basta mezz’ora per ammirare la ricchezza dei dettagli e l’insieme.
In tutto questo movimento, solo la Sacra Famiglia è ferma: Gesù Bambino giace nella mangiatoia, Maria e Giuseppe lo guardano. Il Salvatore del mondo è nato, e tutti continuano le loro attività. Gesù si sta offrendo all’umanità, ma gli uomini sono troppo presi dalle loro occupazioni quotidiane per accorgersene. Questo presepe, oltre ad essere bellissimo, fa pensare: quanti gesti d’amore, ogni giorno, passano inosservati.
Gesù è presente anche oggi, nel nostro mondo pieno di chiasso e confusione: l’importante è non far cadere la sua venuta nel vuoto, non essere come i personaggi di quel presepe che, ignari della nascita del Bambino, continuano meccanicamente le loro attività. È Natale: sta a noi viverlo come una festa in cui ogni piccolo gesto d’amore, con la presenza di Gesù Cristo, sia valorizzato.
(Lc 2,1-14) In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio. C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».