Nell’età della comunicazione istantanea nella globalizzazione declinante, il telefonino (ormai chiamato comunemente smartphone) è un attrezzo per ricevere pubblicità telefonica, consolidata frontiera del “cattura clienti”. Non voglio nemmeno sfiorare qui la legislatura della privacy violata, perché tutti avrete capito i limiti della questione sulla nostra vita telefonica. Per ciò che mi riguarda, mi sono personalmente attrezzato con una risposta falsa: “Non sono io il padrone del telefonino a cui casualmente rispondo, ma mio fratello che ha lasciato temporaneamente il telefono in casa ed è uscito a spaccare la legna”.
Oppure mi fingo anziano – ciò che mi riesce benissimo, anche per ormai evidenti ragioni di carta d’identità – e usando una vocina stridula mi faccio ripetere l’offerta più volte, accampando la mia sordità senile: quando gli interlocutori iniziano a urlare, dico che non ho capito bene e suggerisco loro di richiamare quando c’è con me la badante moldava.
Altre volte, quando sento: “Buongiorno, sono Giovanna Bianchi e chiamo dall’Italia” pronunciato da qualcuno con un inconfondibile accento slavo o ispanico, rispondo in perfetto piemontese. Accidenti se funziona! Mi chiedono se sono italiano, io rispondo di sì, ma che sono anche piemontese. Ovviamente in piemontese. Loro insistono e io affermo che ci vogliono “dui puvrun bagnà ant’ l’oli”. Dopo poche insistenze riagganciano senza nemmeno salutare!
Quelle più belliche, sono le telefonate che attaccano subito così con una voce tragica: “La prossima bolletta sarà più cara del 60% e tu cosa fai?”: per intanto, riaggancio!
Poi ci sono i fenomeni che dicono che chiamano “dall’ufficio amministrativo della corrente elettrica” della mia zona. Al che chiedo: “Di quale zona?” “Della sua zona!”, insistono senza pietà alcuna. I peggiori sono quelli che ti chiedono la bolletta e quanto hai pagato. Io prendo tempo, faccio finta di cercare la bolletta. Poi confesso candidamente che la bolletta non ce l’ho perché mi sono attaccato abusivamente al contatore del vicino in cantina del condominio: “Mah, io mi sono aggiustato così, anche gli altri condomini fanno lo stesso”, replico alle loro rimostranze, aggiungendo che ci siamo agganciati tutti al contatore di tale Giuseppe Garibaldi.
Devo dire che quelli di luce e gas sono tosti, martellano senza tregua come i missili russi sull’Ucraina, cambiano continuamente numero di telefono come gli agenti segreti per non farsi sgamare. Quando invece mi fanno le offerte più strutturate per voce e internet, dico che fanno tutto i miei figli e che non ci capisco una cippa di niente (che è abbastanza vero).
Poi ci sono quelli che ti fanno investire e guadagnare dopo se li paghi prima: spettacolari. È anche bello sentire il ciarpame di parole che riescono a dirti. Un’altra tecnica è quella di rispondere, rimanere in silenzio e lanciare un file di musica punk su YouTube e spararglielo nel microfono.
Nello scorso dicembre mi sono spacciato anche per finto arabo. Non so l’arabo, solo una parola che suona “maffish”, una specie di “non m’interessa” da scocciato. Quindi formulavo una frase che iniziava con “Kamalareb Popol Arab” e finiva appunto con “maffish”.
Insomma, le vostre offerte non mi interessano: devo dirvelo in arabo?