(elisa moro) – “Padre e maestro dei giovani”: così, il 31 gennaio 1988, il Santo Ponteficie Giovanni Paolo II definì San Giovanni Bosco, nel centenario della morte del fondatore delle congregazioni Salesiana e delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
Don Bosco fu canonizzato alla chiusura dell’anno della Redenzione, nel 1934 e, ancor oggi, è modello attuale ed esemplare per ogni educatore e insegnante.
Un Santo “dotato di una felice intuizione del reale” (Iuvenum Patris, Giovanni Paolo II), concreto, radicato nel complesso e articolato contesto socio politico del Piemonte ottocentesco; ha saputo infatti, con sobrietà e dolcezza, sempre “unire lo spirito d’iniziativa ad una profonda interiorità” (ibid.), al punto che pensiero e azione, preghiera e carità si sono in lui perfettamente amalgamati e armonizzati.
La sua statura di Santo lo colloca, con originalità, tra i grandi Fondatori di Istituti religiosi, anche se – è proprio Papa Wojtyla a elencarli nel suo scritto – molti sono i suoi meriti:
“è l’iniziatore di una vera scuola di nuova e attraente spiritualità apostolica; è il promotore di una speciale devozione a Maria, Ausiliatrice dei cristiani e Madre della Chiesa, è il testimone di un leale e coraggioso senso ecclesiale, manifestato attraverso mediazioni delicate nelle allora difficili relazioni tra la Chiesa e lo Stato; è l’apostolo realistico e pratico, aperto agli apporti delle nuove scoperte; è l’organizzatore zelante delle missioni con sensibilità veramente cattolica; è, in modo eccelso, l’esemplare di un amore preferenziale per i giovani, specialmente per i più bisognosi, a bene della
Chiesa e della società; è il maestro di un’efficace e geniale prassi pedagogica, lasciata come dono prezioso da custodire e sviluppare” (ibidem).
Proprio i giovani che costituiscono, secondo l’intuizione del Santo “la porzione più delicata e la più preziosa della umana società”, hanno rappresentato il cuore della missione di Don Bosco (essere nella Chiesa segni e portatori dell’amore di Dio ai giovani, specie ai più poveri, cfr. art.2 Costituzioni), un cuore pulsante e vivo, che invita alla gioia e alla santità, a vivere con entusiasmo e slancio la vita, a diventare onesti cittadini e buoni cristiani.
Alla domanda del giovane ricco, che nel Vangelo domanda: “Maestro che cosa devo fare di buono per avere la vita eterna?” (Mt. 19, 16) e che oggi potrebbe forse suonare anche così: “Che cosa devo fare per avere pienezza di vita? Per non sprecarla?”, la lezione di Don Bosco suggerisce una prospettiva esigente, ineludibile, quanto feconda e gioiosa, capace di dilatarsi in echi e risonanze che superano decenni e secoli, come il suono di una parola sincera, come una semplice e profonda verità: “appassionatevi alla vita!”.
Passione per tutto ciò che è bello, giusto, buono; facendo “appello alle risorse dell’intelligenza, del cuore e del desiderio di Dio che ogni uomo porta nel profondo di se stesso” (ACG 437). Solo così giovinezza si può tradurre con allegria, audacia, creatività, entusiasmo, disponibilità, nel cuore giovane, che diventa “dono” da accogliere e “ricchezza unica e singolare” (Giovanni Paolo II).
“Non abbiate paura della vostra giovinezza” – esortava San Giovanni Paolo II i giovani in un messaggio del 1 gennaio 1985 -, “non abbiate paura dei profondi desideri che provate di felicità, di verità, di bellezza e di durevole amore! Si dice qualche volta che la società ha paura di questi potenti desideri dei giovani e che voi stessi avete paura… Sappiate che il futuro sta nelle vostre mani, sta nei vostri cuori”.
E allora… “Don Bosco ritorna, tra i giovani ancor!” – parafrasando un testo di un noto canto salesiano – “Da ogni parte osserva, o Padre, / quanti giovani in preghiera. Tu li affidi a dolce Madre/ perché ognuno arrivi a sera. Oltre i mari, oltre i monti/ t’invochiamo, Padre santo. / Fino agli ultimi orizzonti / lieto echeggia il nostro canto”.