Il legname dei boschi, l’acqua turbinata che diventa energia elettrica, i pannelli solari e le pale eoliche: c’è tutto questo nel logo dell’associazione Fervores, l’ultima iniziativa nata nel percorso che l’Unione montana Valli Orco e Soana ha intrapreso per raggiungere l’autosufficienza energetica, favorendo e coordinando lo sfruttamento delle energie rinnovabili presenti sul territorio.
Il fine della nuova associazione – costituita nelle scorse settimane tra l’Unione montana Valli Orco e Soana ed i sei Comuni che ne fanno parte (Frassinetto, Ingria, Noasca, Pont Canavese, Ronco Canavese e Valprato Soana) – è la gestione di una comunità energetica definita “rinnovabile e solidale”, che avrà come riferimento prioritario il territorio dei Comuni aderenti all’Unione stessa.
Per arrivare alla costituzione dell’associazione Fervores, l’ente montano, guidato dal presidente (nonché sindaco di Frassinetto) Marco Bonatto Marchello, ha partecipato con successo nella primavera dello scorso anno all’avviso pubblico “Sinergie”, promosso dalla Fondazione Compagnia di San Paolo, rivolto a enti pubblici e del terzo settore interessati allo sviluppo di comunità energetiche rinnovabili a impatto sociale.
L’obiettivo è incrementare l’installazione e l’uso di fonti energetiche rinnovabili, promuovere iniziative di autoproduzione condivisa di energia e maggiore consapevolezza sui temi del cambiamento climatico.
Grazie al buon esito del bando, l’ente è attualmente supportato da un gruppo di lavoro qualificato con esperti del Politecnico di Torino, messo a disposizione dalla Compagnia di San Paolo per costituire e avviare l’attività della nuova comunità energetica valligiana.
L’associazione non avrà scopo di lucro e perseguirà come obiettivo principale quello di fornire benefici ambientali, economici e sociali a livello di comunità, agli associati e alle aree locali in cui opera.
“La costituzione della comunità energetica rappresenta il primo passo della ‘Green Community’ locale – afferma il presidente dell’Unione montana –. L’associazione infatti potrà acquistare o realizzare impianti di produzione di energia rinnovabili in proprietà o acquisirne la disponibilità per perseguire la sua finalità. L’energia prodotta sarà utilizzata prioritariamente per l’autoconsumo o per la condivisione con i membri della comunità energetica rinnovabile, mentre l’energia eventualmente eccedentaria potrà essere accumulata e venduta anche tramite accordi di compravendita di energia elettrica rinnovabile. Siamo in piena continuità con quanto richiesto alle Unioni montane dalla legge regionale, ovvero la realizzazione di comunità energetiche finalizzate a valorizzare in modo integrato e sostenibile il proprio patrimonio socio-culturale, economico, ambientale ed energetico”.
In una seconda fase saranno ammessi all’associazione Fervores in qualità di soci anche i soggetti privati interessati a farne parte, in particolare le piccole e medie imprese presenti sul territorio.
“Ritengo che l’associazione Fervores potrà rappresentare uno strumento efficace e funzionale agli obiettivi di sviluppo territoriale, tanto più che nel Pnrr, tra le misure da finanziare, è prevista quale priorità il sostegno delle Comunità energetiche – aggiunge ancora Bonatto Marchello – dopo la Green community ‘Sinergie in Canavese’, noi siamo pronti a intraprendere anche questa nuova azione di sviluppo per i nostri territori”.
Dunque le Amministrazioni comunali delle valli, dopo una lunga stagione in cui lo sfruttamento delle energie rinnovabili, in particolare negli ultimi anni quelle legate alle piccole derivazioni ad uso idroelettrico, è stato in gran parte appannaggio di aziende private, intendono finalmente tornare protagoniste nell’autoproduzione energetica sfruttando, per quanto ancora è possibile, le molte risorse che è in grado di fornire la montagna.
Non ci sono solo le comunità energetiche nell’agenda dell’Unione montana Valli Orco e Soana, che non ha certo rinunciato allo sviluppo di un altro e ben più ambizioso progetto: creare un nuovo invaso artificiale di grandi dimensioni nel basso corso del torrente Soana.
Si tratterebbe, nell’ipotesi più ardita, di realizzare una diga alta 145 metri alle gole di Stroba – nel territorio del Comune di Pont Canavese, appena pochi metri più in basso della strada provinciale che sale a Ronco e Valprato –, la quale andrebbe a creare un bacino artificiale con le acque della Soana e della Verdassa della capacità di circa 34 milioni di metri cubi, che si estenderebbe, al suo massimo sviluppo, fino al ponte pedonale per la frazione Mombianco sotto al Virèt di Ingria.
Perlomeno è questa l’ipotesi “C” (quella più impattante sul territorio e le infrastrutture di produzione di energia elettrica già esistenti) elaborata nello “studio di prefattibilità per la realizzazione di bacino artificiale per l’utilizzo plurimo della risorsa idrica del torrente Soana”, datato agosto 2021 e realizzato dall’ingegner Roberto Truffa Giachet, già approvato dalla Giunta della Unione montana Valli Orco e Soana.
“Il presupposto di questo progetto è legato al cambiamento climatico in atto e al progressivo scioglimento dei ghiacciai – spiega il presidente dell’Unione Marco Bonatto Marchello –, e lo stesso andrebbe a inserirsi a integrare l’attuale sistema di invasi del bacino dell’Orco, con l’uso delle risorse idriche per produzione di energia idroelettrica, ma anche a beneficio dell’agricoltura della pianura canavesana e per usi potabili”.
Anche se apparentemente sembra che negli ultimi mesi il progetto della nuova e grande diga sulla Soana sia stato messo in stand-by, in realtà l’Unione montana, sotto l’impulso di Bonatto Marchello, sta lavorando alacremente per coinvolgere i vari enti interessati all’eventuale realizzazione della gigantesca opera pubblica.
“Stiamo cercando di trovare i finanziamenti necessari per realizzare uno studio approfondito e puntuale sulla fattibilità tecnica, geologica ed ambientale di questo progetto – spiega infatti il presidente dell’ente montano – per estendere il quale occorrerà una cifra stimabile in circa mezzo milione di euro. Se riusciremo a farlo e i tecnici ci diranno che la diga è possibile, bene; altrimenti, in caso di risposta negativa, ne prenderemo atto. Ma come Unione montana dobbiamo almeno provarci, anche per i benefici che, dal punto di vista economico, tale opera andrebbe a portare alle nostre comunità”.
Va detto che, anche con l’eventuale “via libera” dal punto di vista tecnico, occorrerebbe poi, comunque, trovare i finanziamenti per l’effettiva messa in cantiere del progetto, i cui costi per l’ipotesi della diga alle gole di Stroba sono al momento stimati in ben più di 300 milioni di euro: e non potranno essere finanziati, per ragione dei tempi di realizzazione, con i fondi provenienti dal Pnrr.
Intanto, in attesa del più volte annunciato coinvolgimento diretto dei valligiani sui pro e i contro dell’invaso artificiale, va detto che almeno per il momento gli abitanti di Pont e della valle Soana sembrano seguire con totale disinteresse lo sviluppo dell’iter progettuale di questa gigantesca opera che, se realizzata, cambierebbe per sempre il paesaggio della bassa e media valle Soana.
Marino Pasqualone
Redazione Web