L’acqua raccolta dalle dighe idroelettriche deve servire anche al soccorso dell’agricoltura altrimenti la prossima estate si rischia il disastro.
Per questo, Coldiretti Torino chiede che venga esteso a tutte le società di produzione idroelettrica che operano nelle vallate torinesi l’accordo tra IREN e Coldiretti Torino che, nell’estate 2022 ha permesso di soccorrere i consorzi irrigui concedendo acqua dalla diga di Ceresole.
“L’annata agraria è ormai alle porte e la neve caduta in questi giorni non sarà sufficiente a risolvere la carenza idrica – osserva con amarezza il presidente di Coldiretti Torino, Bruno Mecca Cici (nella foto) –. Tutti gli indicatori suggeriscono che sarà un 2023 all’insegna della mancanza d’acqua eppure continuano a rimanere inascoltate le nostre richieste che sono dettate solo dal buonsenso”.
Quello idroelettrico è tradizionalmente considerato il “terzo soggetto” nella scala di priorità dell’uso delle acque: al primo posto c’è l’idropotabile e al secondo c’è l’irrigazione agricola.
“Eppure le concessioni nate anche un secolo fa seguono logiche oggi improponibili garantendo ai gestori idroelettrici un uso monopolistico dell’acqua, risorsa che viene spesso utilizzata a ciclo chiuso con scarsissimo rilascio – lamenta l’associazione di categoria degli agricoltori –. Nel 2022 il Consiglio regionale ha approvato la nuova legge sulle concessioni idroelettriche: una partita che vale 200 milioni di euro e che dà l’occasione alla Regione di attuare un vero uso plurimo delle acque e di disporre di risorse per interventi contro la siccità. Una concezione antiquata dell’uso della risorsa idrica che garantisce un’esclusività a un settore che se è stato cruciale per lo sviluppo industriale di Torino e delle nostre valli quando di acqua ce n’era per tutti, oggi dovrebbe venire incontro alle esigenze collettive con la cessione di piccole quantità in caso di emergenza”.
Coldiretti Torino ricorda che manca ancora una progettazione di area vasta per fare fronte alla crisi climatica attraverso investimenti in piccoli invasi a servizio della rete irrigua, l’utilizzo agricolo delle acque depurate, l’ottimizzazione dell’attingimento da pozzi.
“Dobbiamo partire subito – dice Mecca Cici –. Le progettazioni e gli iter autorizzativi sono lunghi. Nel frattempo, però, la Regione deve raggiungere un accordo con i gestori idroelettrici per scongiurare la catastrofe. Un accordo per permettere all’agricoltura di continuare a produrre cibo anche in questa era di crisi climatica”.
Sul breve periodo, l’attenzione va dunque puntata sulla decina di invasi a scopo idroelettrico, alcuni di grandi dimensioni, presenti nelle vallate torinesi.
Si tratta dei bacini di Pourrierers e Perosa in val Chisone; del bacino di Rochemolles (già utilizzato dall’acquedotto di valle della valle di Susa) e MoncenisioVenaus; dei bacini Malciaussia, Lago della Rossa e Lago dietro la Torre in valle di Viù; dei bacini di Ceresole RealeSerrù e di Teleccio in valle Orco; il bacino Gurzia o Vistrorio in val Chiusella.
“L’estate scorsa, la Regione aveva iniziato un’interlocuzione con i gestori idroelettrici ma poi non ha voluto proseguire. Non si può continuare a parlare di crisi idrica e non fare nulla per affrontarla. È venuto il momento di prendere in mano la situazione con un approccio non ideologico e non protezionistico ma squisitamente operativo”, conclude Coldiretti
Redazione Web