La Procura generale di Torino ha chiuso le indagini sui presunti maltrattamenti nel carcere di Ivrea avvenuti tra ottobre 2015 e novembre 2016 e su un pestaggio del 2021.
Gli indagati sono 28: un medico in servizio presso il carcere e 27 agenti di polizia penitenziaria.
“I reati contestati sono, a vario titolo, lesioni e falsi aggravati. I fatti emersi nel tempo sarebbero a tutti gli effetti riferibili alla fattispecie della tortura, introdotto tuttavia nel codice penale solo successivamente a queste contestazioni e per questo non contestabile”, si legge sul sito dell’associazione Antigone in riferimento ad Ivrea.
Nelle carte dei magistrati Carlo Pellicano e Giancarlo Avenati Bassi i particolari dei fatti che sarebbero avvenuti dentro le mura della casa circondariale di Ivrea e che vede come vittime alcuni carcerati e come protagonisti alcuni agenti di polizia penitenziaria; maltrattamenti, lesioni, manganellate, pugni, schiaffi, umiliazioni.
Gli agenti, difesi dai loro avvocati negano con fermezza qualsiasi addebito.
Si torna a parlare della cella “acquario”, al piano terra, vicino all’infermeria, con le pareti lisce e con le finestre oscurate di cui aveva confermato l’esistenza anche il Garante nazionale dopo una sua visita nel 2016.
“Ad Antigone – sottolinea l’avvocata Simona Filippi, che per l’associazione segue il contenzioso legale – erano stati riportati questi fatti e si era proceduto alla presentazione di diversi esposti alla Procura di Ivrea, territorialmente competente. Altrettante denunce erano state presentate anche dal Garante comunale della città piemontese (all’epoca era Paola Perinetto, ndr). Nei mesi successivi – sottolinea Filippi – si era registrato un sostanziale immobilismo da parte della Procura eporediese. La mancanza di indagini che avevamo più volte denunciato portò a ben due richieste di archiviazione. Ad entrambe ci opponemmo chiedendo infine l’avocazione delle stesse indagini al Procuratore generale presso la Procura di Torino. Istanza di avocazione che venne accolta. A settembre scorso erano arrivati gli avvisi di garanzia e oggi l’iscrizione nel registro degli indagati”.
“Per troppo tempo l’azione giudiziaria ha proceduto in modo lento – dichiara Patrizio Gonnella, presidente di Antigone sul sito dell’associazione –. Adesso ci auguriamo che in tempi ragionevoli (per evitare di incorrere nei rischi della prescrizione) si arrivi alla ricostruzione della verità processuale”.
Redazione Web