Si terrà questa sera, venerdì 10 marzo, a partire dalle 20,45 nella Sala Conferenze al piano terra dell’ex Seminario Minore di Via Varmondo Arborio 9, l’incontro con Fabio Bolzetta, esperto di web, in occasione della pubblicazione del suo ultimo libro “La Chiesa nel Digitale”.

Il volume sarà disponibile ed acquistabile in loco grazie alla presenza in sala della Libreria San Paolo.

Organizzato dall’Ufficio diocesano Comunicazioni Sociali e aperto a tutti, l’incontro sarà introdotto dai saluti del vescovo di Ivrea monsignor Edoardo Cerrato.

Abbiamo rivolto alcune domande a Fabio Bolzetta per meglio capire i contenuti della serata.

“La chiesa nel digitale”. Un libro e un incontro solo per preti, suore e qualche laico impegnato?

La Chiesa non è composta solo da consacrati o da laici impegnati. Ecco perché il libro “La Chiesa nel digitale” intende rivolgersi a tutte le persone che “abitano” il continente digitale e non solo professionalmente come accade per giornalisti e comunicatori. Mi riferisco a genitori, nonni, educatori, insegnanti e, certo, a seminaristi, presbiteri, religiose e religiosi. Il libro nasce, infatti, dagli oltre 150 video tutorial di formazione su Chiesa, comunicazione e digitale promossi dall’Associazione dei Web Cattolici Italiani (WECA). Un’iniziativa lanciata inizialmente in forma sperimentale e che, dal 2018, è diventata un appuntamento settimanale, ogni mercoledì, giunto alla quinta stagione. I video sono stati resi disponibili anche in formato audible su piattaforme come “Spotify” e, attraverso una skill realizzata internamente da WECA, anche su dispositivi compatibili con “Amazon Alexa”. Giunti a questo punto, l’idea è stata quella di intensificare l’impegno nella formazione anche su altre forme editoriali per rivolgerci ad un pubblico, interessato alle tematiche proposte, ma meno abituato a “navigare” e più a suo agio nello “sfogliare”. La sfida si è spostata così su come conciliare temi digitali nella cornice analogica di un libro. Da qui, l’idea del “QR Code” che, dall’immagine di copertina, traghetta il lettore del volume in un portale multimediale che ospita contributi ulteriori e sempre aggiornati. Un algoritmo, che abbiamo sviluppato internamente, attraverso domande e risposte di presentazione e dei temi di interesse restituisce al navigatore contenuti personalizzati.

Abbiamo scritto che il suo libro è più che altro un manuale… quanta formazione serve per fare audience e riuscire a trasmettere il messaggio che ci è caro?

La formazione è un aspetto necessario per l’uso di qualsiasi tecnologia: riguarda i minori, quando viene affidato loro uno smartphone o un tablet, così come sta a noi adulti l’importanza di riconoscerne opportunità e rischi. Penso che la sfida oggi non sia di diventare “esperti” ma “consapevoli” delle potenzialità del mezzo. Il passo successivo riguarda l’adozione di tali strumenti per essere “a servizio” come, ad esempio, nella pastorale: non per sostituire ma per promuovere l’incontro in presenza. Come, in particolare, ci ricordano i più recenti Messaggi del Papa per la Giornata mondiale delle Comunicazioni Sociali, siamo chiamati a promuovere l’incontro, attraverso il cammino e l’ascolto, giungendo così a “parlare col cuore secondo carità e verità”.

Ma come è possibile trasmettere un messaggio “parlando col cuore”?

Ecco la sfida che, dalle pagine del libro, ci proietta nelle nostre comunità: riflettere, scoprire, condividere e, soltanto alla fine, pubblicare. I quattro passi – e rispettivi capitoli – del cammino proposto dal testo. Testa e cuore, insieme, per annunciare e testimoniare, come ci ha ricordato il Patrono dei giornalisti san Francesco di Sales, quattro secoli fa, in un insegnamento sempre attuale: “Siamo ciò che comunichiamo”. E, dunque, comunichiamo ciò che siamo.

Perché le diocesi, parrocchie, movimenti ecc… (non tutte ovvia[1]mente e le generalizzazioni non vanno mai bene) arrancano nel digitale?

Negli anni si è registrato un grande entusiasmo nelle comunità cattoliche nel “varcare la soglia delle nuove tecnologie”. Lo dimostra il numero, sempre crescente, dei siti di ispirazione cattolica in lingua italiana che continuano a fiorire nel web, anche oggi. La pandemia ci ha fatto riscoprire l’uso delle “tecnologie di comunità”, anche nella pastorale. E diverse ricerche lo dimostrano. Ma a tale crescita non è sempre seguito un cammino di formazione e attenzione alla qualità; penso ad esempio al semplice aggiornamento dei siti parrocchiali. Bisogna altresì riconoscere, che proprio tra le realtà più piccole brillano esempi luminosi di creatività pastorale. Come ha ricordato Papa Francesco nella Prefazione al libro, “Rimane, tuttavia, la necessità che l’enorme crescita, caratterizzata da tanta creatività e generosità, venga ora accompagnata da una nuova consapevolezza”.

Basta avere qualcosa da dire per essere sicuri che il modo in cui lo si fa non ha importanza, tanto il messaggio passa comunque?

Penso che ogni messaggio vada declinato nel media attraverso cui lo si veicola. Questo vale per i media tradizionali, come la televisione, e così anche per i social media. Ecco perché è necessario conoscere le caratteristiche, le potenzialità e i limiti di una piattaforma web, profilo o gruppo social per valorizzarne le opportunità, ridurne i rischi e consentire di veicolare al meglio il messaggio. Oggi stiamo assistendo alla diffusione dei “podcast”: formati audio, di taglio radiofonico, sempre curati e su tematiche specifiche. E anche in ambito cattolico, sono molto presenti. Il problema, come in altre piattaforme, resta tuttavia la discontinuità nella produzione di contenuti.

Cosa si attende dalla partecipa[1]zione di pubblico venerdì sera ad Ivrea?

Penso piuttosto che cosa si aspetta il pubblico da questo incontro e vi ringrazio per lo spazio dedicato! Personalmente, trovo affascinante giungere ad Ivrea per riflettere di digitale nella Chiesa, proprio nei territori dello storico distretto informatico del nostro Paese. A distanza di anni abbiamo superato la contrapposizione tra “online” e “offline”, perché oggi, nel concetto definito di “infosfera”, siamo tutti avvolti dal digitale. Il titolo del libro, infatti, non definisce la Chiesa “digitale” ma rimanda alla Chiesa presente, come comunità, anche “nel digitale”. Ovvero in un ambiente “abitato” quotidianamente da una moltitudine di persone, di ogni età, fede ed estrazione. Uno spazio di prossimità e un continente dove la stessa azione dell’annuncio può “spingere le persone a vivere più pienamente la fede e arricchire la vita religiosa dei fruitori”. Mi aspetto una riflessione che ricordi le opportunità senza però dimenticarne i rischi. Affinché il digitale offra spazi capaci di promuovere le relazioni, superando il fenomeno della polarizzazione online; di ricercare la “verità”, sgonfiando la diffusione delle “fake news”; di superare i limiti imposti dagli algoritmi promuovendo una “algoretica” e di spingerci verso una presenza e una condivisione che ci rendano, come ha esortato più volte Papa Francesco, sempre una “Chiesa in cammino” e “in uscita”.

Carlo Maria Zorzi

(Ufficio Diocesano Comunicazioni Sociali)

Redazione Web