John Herschel Glenn Jr. fu il primo americano a orbitare intorno alla Terra nella missione “Friendship 7” il 20 febbraio 1967 e a tornare nello spazio a bordo dello Space Shuttle nel 1998. Di Luigi Broglio disse nel 1999 che era il “padre dello spazio italiano”. In effetti fu grazie a Broglio se l’Italia, all’epoca della corsa spaziale, fu il primo paese dopo l’URSS e gli USA a lanciare il proprio satellite “San Marco 1” dalla prima stazione aerospaziale equatoriale del mondo, altra creazione di Broglio, a Malindi in Kenya, in stretta collaborazione con la NASA che inviò oltre a tecnici e scienziati, anche Verner von Braun. La base, all’epoca della sua morte nel 2011, era già in stato di semi-abbandono per la disattenzione del Governo italiano.
Questo quasi sconosciuto personaggio, portato recentemente alla ribalta dal sindaco Fausto Francisca, riposa a Borgofranco d’Ivrea al cimitero di Montebuono. Era nato a Mestre nel 1911 dai genitori borgofranchesi Margherita Ferrando, insegnante elementare in frazione Biò, e l’ufficiale di artiglieria Ottavio. Luigi si trasferì a Roma con la famiglia nel 1915.
Malgrado il padre l’avesse voluto medico, si laureò in ingegneria civile nel 1934, iniziò 3 anni di servizio militare come ufficiale di artiglieria nell’esercito.
Le preziose notizie sono custodite dall’associazione Arma Aeronautica Roma 2 “Luigi Broglio” in via Marcantonio Colonna.
Dopo il servizio Broglio fece domanda per l’Aeronautica Militare Italiana, diventando primo tenente. Grazie alla sua esperienza ingegneristica fu assegnato al centro ricerche di Guidonia Montecelio per lavorare ad un programma di ricerca sui flutter (sventolio) alari e sui fenomeni di risonanza che si verificano alle alte velocità. Scoppiata la Seconda Guerra Mondiale passò a lavorare ai progetti di un aliante da combattimento, e di un velivolo da caccia a getto, ottenuto per trasformazione di un caccia Reggiane Re 2005.
Dopo l’8 settembre, partecipò alla lotta di Liberazione nella zona di Roma, unendosi ad un gruppo di partigiani bianchi comandato da Paolo Emilio Taviani. Finita la guerra ottenne la docenza universitaria, negatagli dal fascismo perché celibe, nel 1947 si recò in Spagna per tenere un corso di ingegneria all’Università di Madrid e l’anno dopo prese parte, a Londra, al Congresso di Meccanica Applicata, dove ebbe modo di fare conoscenza con famosi ricercatori stranieri tra cui lo scienziato russo Stephen Timoschenko.
Promosso maggiore nel 1950, con il permesso della Aeronautica si recò negli Stati Uniti, a La Fayette dove, come visiting professor in ingegneria aeronautica, tenne un corso di matematica e fisica e uno di aeronautica. Era stato invitato dal professor Antonio Ferri, già ufficiale del Genio Aeronautico, noto a livello mondiale per gli studi condotti sul volo supersonico.
La carriera di Luigi Broglio era in fase di decollo: nel 1951, l’Ufficio della Ricerca Scientifica dell’USAF (aeronautica militare americana) chiese al Governo Italiano di favorire una collaborazione con Broglio che, autorizzato, propose di effettuare una ricerca sulle forze aerodinamiche tangenziali a velocità supersoniche e una ricerca sull’impiego delle gallerie aerodinamiche blow down per lo studio delle parti sottili degli aerei. Ebbe così inizio il fecondo periodo di collaborazione con gli americani che gli consentì di realizzare, primo in Italia, un tunnel supersonico da Mach 4 presso la Scuola di Ingegneria Aeronautica della quale era stato nominato preside nel 1952, dopo il pensionamento di Gaetano Crocco, il padre della missilistica italiana.
Nel 1954 divenne Direttore della cattedra di Ingegneria Aerospaziale, la prima istituita in Italia dalla Università di Roma. Nel 1956 il Segretario Generale dell’Aeronautica Militare gli conferì l’incarico di iniziare studi sui razzi e aprire la strada alle attività aerospaziali italiane che, l’anno seguente, si sarebbero poste all’attenzione mondiale con la messa in orbita dello Sputnik da parte della Russia sovietica. Broglio si gettò con grande energia dando vita ad un programma di ricerca nell’alta atmosfera ed attrezzando un piccolo poligono di lancio in Sardegna.
Da questa modesta infrastruttura, realizzata con limitate risorse e una grandissima capacità organizzativa, Broglio effettuò una campagna di ricerca denominata “Nube di Sodio” impiegando dei vettori americani Nike Asp, Nike Cajun e Nike Apache con i quali faceva espandere, a quote variabili tra i 200 e 300 chilometri, del sodio o del litio che formavano un gigantesca nube visibile da gran parte dell’isola. Questa fortunata serie di esperimenti missilistici gli consentirono, nel febbraio 1961, di proporre ad Amintore Fanfani, Capo del Governo dell’epoca, l’ambizioso progetto di mettere in orbita, da un poligono tutto italiano, un satellite artificiale, anch’esso made in Italy.
Nel 1962 nacque ufficialmente il progetto “San Marco”, finanziato con apposita Legge nel 1963. Sotto la sua guida venne realizzato a tempo di record un programma assai complesso che si sviluppò senza intoppi secondo un calendario rigorosamente rispettato: la firma dei protocolli d’intesa con la NASA per la cessione del vettore, un missile quadristadio Scout, la progettazione del satellite, la costruzione in otto esemplari, l’approntamento di una base missilistica ricavata con l’adattamento di due pontoni per trivellazione petrolifera marina, posizionati al largo delle coste del Kenya, l’addestramento dei tecnici a Wallops Island, le prove di laboratorio ed infine, il 15 dicembre 1964, il lancio ed il posizionamento in orbita del satellite San Marco, la cui bilancia inerziale, o bilancia Broglio, costituì, all’epoca, una straordinaria innovazione tecnologica.
Di questi satelliti ne vennero messi in orbita sei, l’ultimo dei quali fu lanciato nel 1988, anno in cui l’attività missilistica del poligono ebbe termine. Le proposte avanzate da Broglio di realizzare un vettore di costruzione nazionale, e di fare del poligono equatoriale italiano una base europea per il lancio di piccoli satelliti da posizionare in orbita bassa, utili per telerilevamento, telecomunicazioni, controllo ambientale e monitoraggio del territorio, non vennero recepite dai vertici dell’ASI che, di contro, ridimensionarono tutto il progetto San Marco con l’impiego della base equatoriale per il solo controllo e ricezione dei dati satellitari e per la telemetria dei vettori europei Ariane.
Deluso, nel 1993, si dimise dall’Agenzia Spaziale Italiana. Ormai generale ispettore del Genio aeronautico, continuò la sua attività di studioso e di ricercatore fino al giorno della sua scomparsa avvenuta silenziosamente, a Roma, il 14 gennaio 2001. Piero Bianucci, all’epoca giornalista de “La Stampa” e direttore di “Tuttoscienze”, nel suo necrologio lo definì il “Von Braun italiano”.
Impressionanti sono i suoi record: primo aeromobile con motore a getto realizzato in Italia, prima galleria del vento a Mach 4 in Italia, prima galleria del vento supersonica in Europa, primo gruppo di ricerca in Europa ad occuparsi delle ali a freccia, primo simulatore spaziale europeo, primo gruppo di ricerca in Europa ad occuparsi del riscaldamento provocato dal rientro nell’atmosfera, primo poligono equatoriale al mondo, primo poligono dal quale è possibile un lancio in orbita equatoriale diretta, primo satellite al mondo lanciato da una base non sovietica né americana, primo paese europeo a lanciare un proprio satellite, prima misura locale delle caratteristiche dell’atmosfera ad altissima quota, lancio del primo satellite interamente dedicato alla radioastronomia (Uhuru), stazione di telerilevamento più grande del continente africano, Primo Paese a effettuare un lancio per conto degli USA, assegnazione di “miglior team di lancio dell’anno” da parte della Nasa ai tecnici del San Marco in occasione del lancio del satellite Uhuru (1971).
Fu uno scienziato cattolico, amico di Giorgio La Pira, e che concesse solo l’unica intervista-biografia oggi esistente a Giorgio Di Bernardo Nicolai, diventata un libro dal titolo “Nella nebbia, in attesa del sole”. Quanto resti in gran parte sconosciuto agli stessi canavesani questo personaggio così legato anche a Borgofran-co, ne testimoniò Silvia Battistello nel suo bel necrologio apparso nella primavera del 2001 su “Astro News”, il bollettino dei soci del Gruppo Astrofili Eporediesi: “… Luigi Broglio, esimio professore e Generale delle nostre Forze dell’Aria, sconosciuto ai più ma anche, e questo è peggio, da chi come noi si ritiene un piccolo addetto ai lavori.”