(Elisa Moro) – “Così Colui che, in principio, aveva plasmato Adamo, proprio Lui, …ha rimodellato gli occhi di questo discendente di Adamo” (Sant’Ireneo di Lione, Contro le eresie, V, 15): la liturgia della IV domenica di Quaresima, Laetare, invita a gioire per la vicinanza della Pasqua, “ma dove si trova la sorgente della gioia cristiana se non nell’Eucaristia” (Benedetto XVI, 18/03/2007), in quel “raggio di quel sole senza tramonto che è Gesù risorto” (Papa Francesco, 22/11/2017). Proprio sulla luce si gioca la pagina giovannea del cieco nato (Gv. 9, 1-4 1).
“Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo” (v. 5): Cristo presenta se stesso come Luce vera (Gv. 8, 12), capace di vincere le cecità di ogni uomo. Non è sufficiente, infatti, fermarsi alla semplice lettura del miracolo, ma è necessario approfondirne il senso celato. Il cieco nato, immagine dell’umanità, è guarito dall’azione di Cristo; egli contempla non solo il mondo con gli occhi di carne, ma è invitato a rischiarare di luce il suo cuore, così come: “anche noi siamo nati ciechi da Adamo e abbiamo bisogno di essere illuminati da lui con il lume della fede” (Sant’Agostino, Comm. Giov., 43).
C’è bisogno di vedere con fede quell’essenziale “che è invisibile agli occhi” (cfr. Il Piccolo Principe): è proprio la Liturgia che “ci permette, qui, sulla terra, di vedere Dio nella celebrazione dei misteri e, nel vederlo prendere vita dalla Sua Pasqua” (DD. 43).
“Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui” (v. 38). E’ da evidenziare il graduale cammino di fede del cieco nato: dapprima lo incontra come “uomo” (v.11), poi lo considera un “profeta” (v. 17), infine lo proclama “Signore” (v. 38), attirando a sé “molti ciechi nel cuore e guarendoli” (Efrem, Diatessaron, 16, 28-32), divenendo testimone di Cristo.
Mediante il Battesimo, la cecità causata dal peccato è stata illuminata dalla grazia e ogni cristiano è chiamato a compiere un cammino di conformazione a Cristo, lasciandosi trasformare a Sua immagine, lasciando che il cuore sia illuminato dalla Luce vera: “Tu guida i miei passi, luce gentile, non chiedo di vedere assai lontano mi basta un passo, solo il primo passo, conducimi avanti, luce gentile” (John Henry Newman).
Gv 9, 1.6-9.13-17.34-38 (forma breve)
In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita; sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa “Inviato”. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori. Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui.