Giorgia Meloni ed Elly Schlein hanno monopolizzato il dibattito politico, rilanciando lo scontro sui rispettivi temi identitari; i sondaggi premiano la scelta (FdI al 30%, il Pd tornato al 20), ma all’interno delle coalizioni è esploso il dissenso.
Nel centro-sinistra la proposta di Enrico Letta del “campo aperto” resta un sogno anche per la nuova segretaria del Pd, duramente attaccata dai Pentastellati sulla politica estera, accusata di scarso pacifismo per l’appoggio a Kiev; da giorni “Il Fatto quotidiano”, vicino al M5S, contesta la linea atlantica e l’invio di armi. I Grillini soffrono per il sorpasso dem, ma dimenticano che il 22% dei voti ai gazebo per la Schlein sono di elettori pentastellati, che hanno sovvertito il voto degli iscritti per Bonaccini. Si profila un anno di concorrenza elettorale Pd-M5S in vista delle europee (con voto proporzionale).
Sull’altro fronte, quello moderato, la Schlein ha problemi con il Terzo Polo e con l’area interna di estrazione “popolare”: in particolare è esplosa la polemica sul sostegno alla piattaforma programmatica del movimento Lgbtq, compresa la scelta dell’utero in affitto; la presidente di Azione, l’ex ministra Carfagna, i dem Delrio, Bazoli, Silvia Costa hanno confermato l’opposizione a una pratica condannata dal Parlamento europeo perché lesiva della dignità della donna e del bambino.
Più in generale, parlando al congresso della Cgil, l’ex ministro Calenda ha ribadito che il Terzo Polo non intende allearsi né a destra né a sinistra. In questo contesto l’ex ministro Franceschini, grande sponsor della Schlein, ha profetizzato un buon risultato alle Europee, ma un percorso difficile sino al 2027. Una previsione abbastanza scontata dal momento che il centrosinistra, diviso, alle politiche non ha chance, anche cambiando i segretari, nonostante l’appoggio, già registrato il 25 settembre, di importanti gruppi editoriali, a cominciare dalle Famiglie Agnelli e De Benedetti.
Problemi rilevanti sussistono anche per la Meloni. Il più serio è emerso in Parlamento sulla politica estera: la Lega ha votato la mozione “atlantica” della maggioranza ma il capogruppo al Senato, Romeo, ha apertamente smentito la linea del premier sulle armi a Kiev. Un discorso di opposizione, molto comprensivo verso Putin; in condizioni normali avrebbe determinato un chiarimento politico, o una crisi. Ora è prevalsa la linea di “oscurare” il dissenso, ma la Meloni va a Bruxelles indebolita.
Altre questioni poste dalla Lega (la Flat-tax per tutti nella riforma fiscale, il rilancio del ponte sullo Stretto) hanno già avuto un richiamo dal Commissario europeo all’Economia Gentiloni che, insieme al Governatore della Banca d’Italia, Visco, ha ricordato come priorità l’utilizzo tempestivo dei fondi europeo (PNRR), per evitare tagli da Bruxelles.
A sei mesi dal voto politico il clima complessivo è ancora sull’onda della campagna elettorale. Siamo passati dai due anni di “concordia” del Governo Draghi di solidarietà nazionale (voluto dal Capo dello Stato) al conflitto quotidiano destra-sinistra: si cerca l’audience, i sondaggi, con una minore attenzione alla soluzione dei nodi aperti. Inoltre il sistema maggioritario impone una logica di coalizione che contrasta con le forti diversità dei partiti.
Il rischio è quello della “annuncite”: tante parole, pochi fatti; lo ha denunciato il Capo dello Stato dopo la tragedia di Cutro. Per ora sulla questione migranti non sono emerse decisioni realmente innovative: si è in attesa delle scelte di Bruxelles, dove peraltro è necessario il sì di 27 paesi, a cominciare dall’accettazione della rispettiva quota di migranti, mentre il permanere del conflitto Russio-Ucraino rende problematica la gestione dei rapporti con la quarta sponda del Mediterraneo: Libia, Turchia, Tunisia…
Un fatto positivo va tuttavia segnalato: l’invito (accolto) del Congresso della Cgil alla premier Meloni. Il suo intervento ha ribadito posizioni distanti sul programma, ma è un segnale importante di confronto civile tra Governo e opposizione sociale, perché il Paese ha scadenze urgenti; Maurizio Landini, invitando sia la premier sia l’opposizione, si è collocato nella linea istituzionale di Sergio Mattarella, nella convinzione del destino comune di Stato e società civile.
Il voto del 25 settembre va rispettato, senza iattanza di destra o di sinistra, ricercando nelle sedi istituzionali le soluzioni più idonee per 60 milioni di persone, nessuna esclusa.