Molti fuono i chivassesi che vissero attivamente il servizio cattolico nel tempo: i Bosio da Chivasso costituiscono la più grande famiglia della cittadina votata al servizio dell’ordine gerosolimitano. I personaggi di rilievo furono cinque di questa famiglia: Antonio, Tommaso e Giannotto.
Il primo, cameriere segreto di papa Clemente VII, ebbe fama nel 1530 per l’assegnazione dell’Isola di Malta all’ordine, il secondo fu vescovo di Malta e la sua sepoltura è conservata nella gran Cattedrale. L’ultimo fu agente dell’Ordine a Roma, poeta e amico di Annibal Caro. Poi, i loro due nipoti, Giacomo e Giovanni Ottone, figli di Gian Bartolomeo Bosio e di Anna, che nacquero a Chivasso tra il 1540 e il 1545.
Non possiamo dimenticare il famoso beato Angelo Carletti dottorato a Bologna in teologia morale che abbandonò la carriera diplomatica alla corte monferrina per diventare francescano e occuparsi dei poveri per tutta la vita. Fu autore di un libro che ebbe un successo incredibile: la “Summa casuum conscientiae” che fu anche pubblicamente bruciata nella piazza di Wittenberg in Germania, da Martin Lutero il 10 dicembre 1520 insieme alla bolla papale della sua scomunica. La nipote Bartolomea Carletti, divenuta terziaria francescana, era nata nel 1425 e fondò nel 1486, col sostegno dello zio, un vero e proprio cenobio che nel 1505 fu approvato come regolare monastero di sorelle di Santa Chiara o Clarisse in Chivasso.
Il personaggio di cui ci occupiamo in questa pagina è Pietro Perracchione, nato a Chivasso nel 1538 che fu molto vicino a San Filippo Neri, nato il 21 luglio 1515, presbitero ed educatore, è venerato come santo dalla Chiesa cattolica. Fiorentino d’origine, si trasferì molto giovane a Roma, dove decise di dedicarsi alla propria missione evangelica in una città corrotta e pericolosa, tanto da ricevere l’appellativo di secondo apostolo di Roma. Radunò attorno a sé un gruppo di ragazzi di strada, avvicinandoli alle celebrazioni liturgiche e facendoli divertire, cantando e giocando senza distinzioni tra maschi e femmine, in quello che sarebbe, in seguito, divenuto l’Oratorio, ritenuto e proclamato come vera e propria congregazione da papa Gregorio XIII nel 1575.
Pietro Peracchione, coetaneo di San Carlo Borro-meo, fu ordinato sacerdote in Roma nel settembre 1570 e visse qualche anno in San Girolamo della Carità, non una comunità ma piuttosto un cenacolo di uomini spirituali in Roma residenti, guardati con ammirato stupore: l’ardore apostolico e lo stile di vita impegnato nell’esercizio delle virtù, fece considerare quel cenacolo – molto amato da Filippo Neri – “madre dello spirito”. Quei sacerdoti secolari avevano saputo rinnovare “lo Spirito de’ Padri antichi de l’eremo” e così furono chiamati Padri.
Pietro entrò nell’Oratorio nel marzo del 1577 e fu sempre considerato tra i primi discepoli da San Filippo, tanto che lo mandò a collaborare con il nunzio Bartolomeo Porzio in Germania e lo inviò a Milano, non ancora membro della congregazione, insieme al padre Nicolò Gigli per cercare di fondarvi un oratorio, secondo la richiesta del cardinale Carlo Borromeo.
Notizie interessanti che si ricavano dallo studio di Mons. Edoardo Cerrato nel suo “Piemontesi nell’Ora-torio di Roma” in “Annales Oratorii. Annuum Commentarium De Rebus Orationis A Procura Generali Confoederationis Oratorii S. Philippi Nerii Editum”, fascicolo 18 dell’anno 2020.
Padre Peracchione era tornato a Roma nel Marzo 1577 dalla poco soddisfacente impresa milanese. Nella congregazione è indicato come confessore: “figura dolce e modesta”, si legge in L. Ponelle e L, Bordet nel loro libro “San Filippo Neri e la società romana del suo tempo”, Firenze 1931: “dopo la sua aggregazione definitiva non gli affidarono le cariche principali. Il suo nome è nella lista dei predicatori dell’Oratorio, ma fu un confessore ricercato per la sua bontà. Mise pace intorno a sé nei piccoli dissidi interni, fu assolutamente fedele a Filippo, e non era certamente lui che contrariasse i suoi disegni.”
A Padre Perracchione furono assegnati compiti che lo tennero in mansioni di organizzazione e di sovrintendenza con la cura della casa e dell’andamento domestico. Fu ministro e tesoriere per tutta la vita, lamentando una volta sola nel 1594, la generale reticenza dei nuovi ad accettare incarichi: “l’Oratorio si trova molto debole e le fatiche di chiesa e della casa restano ora sulle spalle dei vecchi.” Fu molto impegnato anche nell’erezione della nuova chiesa dell’ordine di Santa Maria in Valicella a cui restò sempre molto legato. In assenza del responsabile, dopo la morte del santo, fu lui a ricoprire la massima personalità dell’Oratorio.
Nelle giornate di eccezionale importanza dell’agosto 1588 in cui si deliberarono le Costituzioni della Congre-gazione, le sole che Filippo Neri abbia esplicitamente approvato, sottoponendole anche alla valutazione del cardinal Girolamo della Ro-vere, arcivescovo di Torino, padre Peracchione è uno dei 14 padri impegnati nell’impresa. Nelle elezioni degli Ufficiali del 1590 – vivente Filippo Neri – gli era stato affidato il compito di “correttore” (confessore di casa). Fu amico e confidente del cardinale Cesare Baronio e corrispondente col cardinale Federico Borromeo e soprattutto tenne rapporti fiduciari con le altre case oratoriane che nel frattempo erano sorte in altre città italiane.
La domenica di Pentecoste del 1602 quando fu inaugurata la cappella offerta da Nero del Nero per ospitare le spoglie di padre Filippo Neri, portavano la cassa sei dei padri fra i più anziani: il preposito Ricci, i padri: Velli Perracchione, Pateri, Soto e Bozzio. Il 17 maggio 1608 dopo dieci giorni d’infermità, Padre Peracchione chiuse gli occhi per sempre.