Giorgia Meloni ed Elly Schlein, la nuova “coppia discorde” della politica italiana, non hanno ottenuto molto a Bruxelles: la premier dovrà attendere sull’immigrazione il placet dei 27 Paesi della UE mentre esplode, dopo la Libia, la crisi tunisina; la segretaria del Pd non ha sostanzialmente cambiato la linea dei Socialisti, anch’essi divisi tra l’apertura ai migranti (dai Paesi del Sud) e le chiusure del Nord (compresa Berlino). Ma le due leader si sono prese la rivincita in casa.
Meloni ha ottenuto da Berlusconi il cambio di linea politica dei capigruppo “forzisti”, troppo critici verso il Governo; secondo alcuni media, la sconfitta della tendenza “liberale” rende Forza Italia subalterna a Fratelli d’Italia, quasi un’appendice, accrescendo il potere di Giorgia Meloni su una posizione politica “sovranista” e culturalmente post-fascista (emblematica la polemica sulla strage nazista delle Fosse Ardeatine, senza alcun riferimento storico alle responsabilità italiane).
Elly Schlein ha fatto la stessa mossa: ha decapitato le due capo-gruppo (dell’area Bonaccini) sostituendole con due fedelissimi, motivando la scelta con l’esigenza di una lealtà assoluta alla sua nuova linea di alternativa radicale. Ne emerge un conflitto politico incentrato sul binomio sovranismo-radicalismo. E le altre culture politiche sono destinate a scomparire?
Il problema è stato posto nel Pd dalla componente che proviene dai Popolari: in un’intervista ad Avvenire, l’ex ministro Delrio (leader dei catto-dem) ha chiesto un’adeguata considerazione per la tradizione e i valori del cattolicesimo democratico. Un intervento che auspica una correzione di rotta e che denuncia un grave rischio, già espresso dal presidente dei Popolari, l’onorevole Castagnetti: l’emarginazione di una componente culturale che, da don Sturzo in poi, ha svolto un ruolo essenziale per le istituzioni democratiche, dall’opposizione al fascismo alla Lotta di Liberazione, dal lavoro alla Costituente alla ripresa post-bellica dell’Italia sino al sacrificio di Aldo Moro, vittima del terrorismo delle Brigate Rosse. Sulla stessa lunghezza d’onda, all’assemblea dei parlamentari, il senatore Bazoli ha chiesto attenzione sui temi etici, paventando una deriva libertaria, in particolare sull’utero in affitto.
Ma anche dalla componente post-comunista, con l’intervento di Piero Fassino, è venuta la richiesta di una comprensione reale di tutte le culture. Il mondo di estrazione marxista ha sempre sottolineato la questione delle diseguaglianze: tema non facile da conciliare, nel nuovo Pd, con l’aperto sostegno alla segreteria di importanti gruppi editoriali legati alla grande finanza.
Nell’area liberale i “poteri esclusivi” rivendicati da Berlusconi confermano le preoccupazioni espresse dal PPE a Bruxelles sulla linea di Forza Italia, che oscilla dalle aperture a Putin all’adesione piena alle posizioni della Meloni, leader dei Conservatori europei.
L’anomalia politica italiana coincide con la crisi del quadro europeo: in Francia il liberale Macron (punto di riferimento per il Terzo Polo di Calenda e Renzi) è di fronte a una protesta popolare incontenibile, che vede alleati gli “antagonisti” di Melenchon e l’estrema destra di Marine Le Pen; in Germania il governo tripartito Socialdemocratici-Liberali-Verdi traballa, per le indecisioni del Cancelliere Scholtz e i continui scontri tra l’ecologismo radicale dei Verdi e il capitalismo aggressivo dei Liberali.
Il declino dei partiti storici (Popolari, Socialisti, Liberali), avviato negli anni Novanta, ha lasciato spazio alla crescita delle posizioni radicali, a destra e a sinistra. E ora, per le elezioni europee del maggio 2024, c’è un tentativo di rottura della coalizione di larghe intese guidata da Ursula von der Leyen: i Conservatori punterebbero a un’alleanza con la destra del PPE, contando sull’Aventino delle formazioni antagoniste.
A Roma come a Bruxelles torna la domanda di fondo: la soluzione politica alla crisi del Continente è lo scontro destra-sinistra o la ricerca di più vaste convergenze, nel rispetto dei diversi ruoli? In Italia, nel pieno riconoscimento del voto del 25 settembre, avremo ogni giorno la “guerra mediatica” o, come suggerisce il Capo dello Stato, la ricerca delle soluzioni più idonee per la ripresa del Paese? È essenziale misurare quotidianamente le azioni della Meloni e della Schlein o interrogarsi sulle risposte precise al conflitto russo-ucraino, alla riforma istituzionale, all’attuazione del piano europeo di finanziamenti, alla lotta alla mafia, ai temi etici…?