Quanti scalini, metaforici e non, bisogna superare per ottenere lo status di Diva? Se lo chiede Laura Curino nel suo “one woman show” dal titolo “La Diva della scala”, andato in scena sabato scorso al salone “Piero Venesia”.
Lo spettacolo, autobiografico, nasce nel 2014 da un progetto di Laura Curino e Alessandro Bigatti – che ha anche curato luci e musiche – in Toscana, e si apre e si chiude con riferimenti alla storia dell’arte: il centurione dal perfido volto di scimmia, il Bertuccione della Deposizione di Rosso Fiorentino, diventa per la Curino simbolo della critica e della mancanza di rispetto verso il prossimo. Prima lezione, mai farsi abbattere dai tanti bertuccioni che si incontrano nel corso della vita.
Emergono dal baule dei ricordi momenti di impegno politico e femminista che si alternano a quella che è una vera storia del teatro degli anni ‘70/’80, i laboratori teatrali, le prime tragicomiche rappresentazioni, la fondazione nel 1974 del Laboratorio Teatro Settimo, il teatro per ragazzi, il “teatro di narrazione” a scena nuda, con fondale nero (“perché il teatro ‘deve’ essere nero, così si vedono le luci”), di cui è indiscussa signora.
Un vortice di personaggi ai quali la crescita personale e artistica della protagonista è legata, voci dai diversi accenti che si rincorrono, una citazione speciale per “Signorine”, teatro di narrazione che racchiude le storie di donne in un consultorio. Conia definizioni irresistibili, Laura Curino, come “Casanova del teatro”, “bigama del teatro”: lei, attrice costretta a scelte drastiche tra teatro classico, d’avanguardia e postmoderno, quando in realtà il teatro lo ama in toto, senza distinzione.
E le letture, di ogni genere, e la cultura classica su cui ha fondato la propria preparazione accompagnandola con lavori precari da baby sitter o segretaria.
La detestabile Laura Lanza, pseudonimo sotto cui si nascondono le controparti perfette, sicure di sé, di successo, che ti squadrano sempre con derisione e che son sempre avanti qualsiasi traguardo tu abbia raggiunto… ma mai abbattersi!
Una gavetta durata anni e anni, che ha portato la Curino (e i compagni di sempre) a contatto con la realtà di piccoli teatri di provincia a bordo di uno sgangherato furgoncino, rendendoli custodi di conoscenze, esperienza e gerghi teatrali dei vecchi addetti al palcoscenico.
Tuona indignata contro gli incapaci architetti che hanno contribuito a snaturare i teatri, sostituendo il legno col marmo, impiantando cabine di regia al posto dei palchi, modernizzando gli ambienti con soluzioni costose e ridicole.
Svela con autoironia di essere diventata la “diva della scala… B” dopo un passaggio televisivo (“anni di teatro, e divento famosa presso le vicine della mamma grazie alla televisione”), saluta Alessandro Bigatti, coautore dello spettacolo, entrato giovanissimo nel mondo dello spettacolo come tecnico luci e suono, e conclude con un secondo riferimento all’arte, evocando la Madonna della Misericordia di Piero della Francesca, che con le grandi ali del mantello dischiuse ad accogliere i fedeli, assomiglia ai tendoni di un sipario…
Paola Ghigo
Redazione Web