Ha fatto registrare un’intensa e considerevole partecipazione la commemorazione ufficiale della Festa della Liberazione celebrata martedì a Rivarolo, apertasi alle 10 davanti al Municipio con la partenza delle due “staffette” munite di bandiera tricolore direttesi a Cuorgnè e Castellamonte e conclusasi un’ora dopo al Monumento ai Caduti, accogliendo tra gli applausi le staffette giunte in città dai due altri principali centri dell’Alto Canavese.

La collaborazione tra i tre Comuni – all’insegna dello slogan “25×3” ideato dal consigliere alla memoria Guido Novaria, con la benedizione anche dei gruppi Anpi della zona – è stata uno degli elementi di novità della celebrazione di quest’anno.

Le staffette rievocano il ruolo delle donne che ieri cooperarono alla lotta partigiana e simbolizzano oggi la necessità di unione tra i vari enti del territorio. E di unione c’è particolare bisogno oggi, in un momento così difficile per il contesto internazionale: questa ricorrenza è da sottolineare con enfasi perché celebra i valori della democrazia e dell’antifascismo iscritti nella nostra Costituzione, che va rispettata e difesa anche e soprattutto dalle istituzioni che da quella Costituzione traggono la loro legittimità”, ha detto il sindaco Alberto Rostagno salutando i presenti dopo il rituale dell’alzabandiera e l’esecuzione dell’inno nazionale da parte della Filarmonica Rivarolese.

Il giovane sindaco del Consiglio comunale dei Ragazzi, a nome dei tanti studenti delle scuole elementari presenti, ha sottolineato come “ancora oggi, l’esempio dei partigiani deve aiutare tutti, soprattutto i giovani, a decidere con la nostra testa e impedire che prenda potere chi vuole negare possibilità di parlare e scegliere. Perché, come diceva Gaber, Libertà è Partecipazione”.

Parole, queste, molto apprezzate dal più illustre oratore invitato a prendere la parola: l’ex-presidente della Camera Luciano Violante.

Il quale non a caso ha esordito ricordando che “Libertà e istruzione sono un binomio inscindibile” e salutando gli scolari e gli insegnanti “che rivestono un ruolo essenziale, difficile e spesso non riconosciuto: quello di cucire passato e presente”.

Quindi, lasciando i fogli del discorso preparato, ha proseguito a braccio, spiegando come la retorica vada il più possibile evitata se lo scopo è tramandare il ricordo di quanto è accaduto alle giovani generazioni.

Era giovane anche chi allora scelse di andare in montagna e, va evidenziato, non sapeva se sarebbe sopravvissuto e probabilmente dubitava di poter vincere, dovendo fare i conti con l’esercito più forte del mondo, combattendo quasi senza armi contro gli occupanti, contro la fame, contro il freddo, nella totale incertezza del domani. L’unica loro certezza era che avrebbe vinto l’idea, quella di un mondo più giusto e libero. Ecco perché celebriamo il 25 aprile: perché questa giornata è il discrimine tra libertà e oppressione. Ed ecco perché il 25 aprile è di tutti, anche di chi ha perso, purché riconosca che la convivenza è possibile all’interno dei valori comuni definiti dalla nostra Costituzione”.

Quindi un riferimento alle polemiche di questi giorni: “Nella Costituzione della nostra Repubblica, l’unica nata dalle ceneri della Guerra Mondiale, l’antifascismo c’è anche formalmente: non solo nel divieto di ricostruzione del Partito Fascista, ma soprattutto nel promuovere quell’uguaglianza (nei diritti, nelle idee e nella loro espressione, senza discriminazioni di tipo religioso o razziale) che invece il fascismo negava. Ma libertà e democrazia non sono date una volta per tutte: vanno difese quotidianamente, anche da ogni loro riduzione progressiva. Lo dobbiamo a quei partigiani di cui oggi noi siamo gli eredi civili”.

Parole riecheggiate dalla presidente dell’Anpi Gabriella Meaglia: “Dal 25×3 passiamo al 25xTutti, rinnovando un atto d’amore per la Resistenza, che non fu storia perfetta, perché fatta da uomini e donne alle prese con un contesto terribile, e con in più il limite di essere stati cresciuti in un regime indottrinante e soffocante, che trovarono comunque la forza di abbattere. Dimenticare quanto accadde è viltà, tentare di modificarne il racconto è un abominio”.

Redazione Web