“Nascentes morimur, finisque ab origine pendet” (Nascendo moriamo, e la fine dipende dal principio) è un verso del poeta latino Marco Manilio, ispirato dalle sue convinzioni filosofiche di ascendenza stoica.
“Nascendo Morimur” diventa poi la denominazione di un tema artistico che si sviluppa nel mondo cattolico a partire dal XVI secolo, e diviene popolare soprattutto nei Paesi Bassi e in Germania; un tema che si correla con quello più ampio della Vanitas e che vede la raffigurazione di un fanciullo con accanto un teschio.
Il tema è presente, in misura assai minore, in Italia a partire dal XVI secolo.
Stante la relativa scarsità della diffusione del tema in Italia, stupisce non poco constatare come due sue interpretazioni – realizzate a fresco nel 1761 da Luca Rossetti da Orta – trovino posto nell’area absidale della chiesa di Santa Croce a Ivrea (area che si spera possa essere oggetto di una seconda fase del progetto di restauro avviato nel 2021 dalla omonima confraternita).
La prima raffigurazione del “Nascendo Morimur” compare sulla parete orientale (foto): vi si osserva una deliziosa figura di putto meditabondo seduto sulle volute di un cornicione dipinto a imitazione dello stucco che inquadra – a mo’ di trompe-l’œil – una finta finestra.
Un lieve manto azzurro annodato su un fianco svolazza alle sue spalle mentre tiene la mano sinistra poggiata su un teschio. Un vicino cartiglio ci propone un passo delle Lamentazioni di Geremia: sedebit solitarius et tacebit (Sieda costui solitario e resti in silenzio) (Lam. 3, 28).
Sulla parete opposta abbiamo una seconda raffigurazione del “Nascendo Morimur”: qui la figura del putto si inserisce tra le volute del cornicione e pone la sua mano destra sul teschio, mentre il suo volto esprime dolore.
Il cartiglio posto vicino a lui propone un passo tratto dal Secondo libro di Samuele: morimur, et quasi aquae dilabimur in terram (Noi dobbiamo morire e siamo come acqua versata per terra) (II Sam, 14-16).
Il progetto iconografico e le citazioni tratte dall’Antico Testamento valgono a rendere esplicito il messaggio sulla precarietà della vita e la speranza nella salvezza della propria anima; il tutto in linea con quella che era, sin dalla nascita nel 1612, la principale missione della confraternita: pregare per il suffragio dei morti.
A riguardo delle due raffigurazioni del “Nascendo Morimur” che inaspettatamente troviamo nella chiesa di Santa Croce è verosimile pensare che il pittore Luca Rossetti avesse visto stampe con questo soggetto provenienti dall’Europa del Nord.
Possiamo immaginare che egli ne avrà discusso con il dottissimo e ignoto committente dello straordinario ciclo di affreschi che orna le pareti della chiesa: forse padre Nicola Bellono, appartenente alla Congregazione de’ Preti secolari della Dottrina Cattolica, detti anche Dottrinari, allora particolarmente vicina al Vescovo Mons. Michele Villa.
Lauro Mattalucci
Redazione Web