Una numerosa assemblea si è radunata lunedì 22 maggio nella chiesa par[1]rocchiale di Alice Superiore, per il commiato dal compianto don Leo Bovis, spirato all’età di 78 anni (a giugno ne avrebbe compiuti 79), parroco emerito di Borgofranco, Quincinetto, Baio Dora.
Le testimonianze lette prima dell’Eucaristia hanno dato voce a tanti sentimenti profondi di gratitudine.
Da quelle espressioni sincere e affettuose abbiamo capito quanto la presenza di don Leo fosse familiare per tanta gente: dai suoi “giovani” della parrocchia della Cattedrale (dove era stato vicepar[1]roco dal 1969 al 1976) fino ai parrocchiani di Quincinetto e di Borgofranco.
Per tutti don Leo è stato padre, fratello e amico.
Per una coincidenza casuale, è toccato a me presiedere la liturgia esequiale: monsgnor Edoardo Cerrato era a Roma per l’assemblea C.E.I. e non ha potuto presenziare neppure monsignor Luigi Bettazzi, che proprio in quella chiesa aveva ordinato don Leo 55 anni or sono.
Ho ripensato alla stagione della vigorosa salute e a quella della lunga e invalidante malattia di don Leo: ho concluso che don Leo ha vissuto all’inverso la Pasqua di Cristo.
Dapprima c’è stato il tempo del ministero sacerdotale, attivissimo e coinvolgente.
Giovane sacerdote trentaduenne, nel suo primo ingresso parrocchiale aveva contemplato il quadro che campeggia nell’abside della chiesa parrocchiale di Quincinetto, raffigurante il Cristo risorto.
Dalla contemplazione di quel quadro ha ricavato l’ispirazione giusta per vivere il suo ministero come annuncio di risurrezione, di speranza e di vita nuova per tutti, sostenuto da un temperamento determinato, un coraggio “da leone” già in qualche modo significato dal suo nome di battesimo!
Poi c’è stato il tempo della sofferenza: piaghe vere di una croce vissuta fino in fondo ma che ormai risplendono alla luce dei raggi della Pasqua, quasi simboleggiati da quel sole che ha accompagnato l’ultimo corteo verso il cimitero di Alice Superiore, suo paese natio, dove don Leo riposa in attesa della risurrezione finale.
Don Gianmario Cuffia, vicario generale
BORGOFRANCO D’IVREA – Emozione vera e profonda e l’espressione di una gratitu[1]dine infinita hanno connotato i giorni del lutto per la morte di don Leo Bovis.
A interpretarle le comunità da Lui generosamente servite con il suo ministero sacerdotale.
In primis, la parrocchia della Cattedrale che ne ha goduto le “primizie” a fianco di un impareggiabile maestro quale è stato Don Mario Vesco.
L’entusiasmo giovanile, la prestanza fisica e l’entusiasmo dell’immediato post-Concilio, lo hanno immediatamente proposto “catalizzatore” di iniziative avvincenti e fortunate rivolte agli allora tanti ragazzi e adolescenti del centro storico di Ivrea.
L’Oratorio San Giuseppe rivive – grazie a don Leo – in quegli anni, la funzione aggregativa e educativa per cui era stato pensato e voluto.
Mostratosi insufficiente per le nuove esigenze, apre lo spazio alla straordinaria avventura della “Lega Dora”: efficacemente sostenuta da adulti lungimiranti, l’Associazione non solo si rivelò provvidenziale per iniziare al calcio tantissimi ragazzi, ma ha rappresentato per l’organizzazione sportiva un modello umano non più superato.
Una “Lega d’Oro”, se penso ai rapporti che lo hanno unito indissolubilmente ai tanti che non l’hanno abbandonato.
Una sorta di merito – fra l’esemplare coralità degli amici – penso sia giusto riconoscerla a Maurizio Rabozzi.
Inevitabile, dopo pochi anni la “promozione” a parroco di Quincinetto: centro periferico, certo, ma non per questo mortificante, anzi!
Con la serena accettazione dell’obbedienza e la consapevolezza che non sono i luoghi o i ruoli a far grandi le persone, don Leo ha mostrato, nella passione intrapren[1]ente e la cura delle anime, tutto il carisma di cui era dotato.
“Aggregare, Promuovere, Accompagnare” sono e restano i connotati distintivi del “pastore buono” che a don Leo sono stati unanimemente riconosciuti.
L’estensione della responsabilità a Borgofranco e, in qualche modo, a tutta la Valle Dora, lo ha trovato disponibile, ma lo ha molto affaticato.
L’aggiornamento della pastorale secondo i dettami del Concilio, l’adeguamento delle strutture (quanti lavori, quanto coinvolgimento…) in quarant’anni di presenza sono stati un “banco di prova” di enorme fatica.
Fra tante resistenze, incomprensioni, nubi minacciose, ecco apparire “L’Arcobaleno” a conferma della passione lungimirante e coinvolgente per tanti giovani di varie parrocchie con una finalità “terzomondiale”.
Le “Estate ragazzi” in loco, con un respiro missionario ad abbracciare lontane frontiere, sostenendo l’impegno economico con le mitiche operazioni “riso e miele”.
Uno sguardo retrospettivo e sereno al cuore di una inesausta attività, riconosce a don Leo, l’invidiata capacità di promuovere un laicato consapevole e responsabile.
Anche per questo, la sofferta esperienza di una lunga inattività, ci appare “misteriosa” e inaccettabile.
La luce della fede e la Parola – “Se il chicco di frumento caduto nella terra non muore… resta solo; se muore, porta molto frutto…” – spalanca però, la prospettiva di una fecondità che il futuro, ne sono certo, ci farà sperimentare.
Grazie per tutto, caro don Leo, e a Dio.
Don Arnaldo Bigio prevosto di Borgofranco
Redazione Web