Gli eventi atmosferici che hanno letteralmente travolto una parte dell’Emilia Romagna sono riusciti come sempre a sorprenderci e ad attivare delle riflessioni sul rischio idrogeologico nel nostro Paese, lo sfruttamento del territorio, le opere di manutenzione e la prevenzione.
I dati ufficiali dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale) dicono che circa il 10% della popolazione italiana vive in zone esposte ad un rischio “elevato” di inondazioni, ma le zone “a media pericolosità” di alluvioni sono il 45% e in queste aree vive il 60 % della popolazione del paese.
Il Professor Claps del Politecnico di Torino, spiega che l’evento in Romagna è stato causato da una configurazione meteorologica particolare, in cui sono confluiti due eventi importanti nell’area del mar Adriatico che ha creato una circolazione bloccata, che tecnicamente è denominata “Stau”. La possibile previsione di altri eventi simili e che la scienza è in grado di segnalare, va sostenuta con azioni che da una parte la politica e dall’altra i cittadini debbono realizzare.
Accanto alle leggi dovremmo essere educati a gestire situazioni che, dati alla mano, scopriamo non essere irripetibili. Se abbiamo sufficientemente appreso le norme di comportamento in caso di terremoto grazie alle simulazioni, vanno ampliate le conoscenze sui rischi del meteo per evitare anche comportamenti a rischio. Il numero di morti in Emilia Romagna, non dovrebbe essere considerato “normale”.
Anche il Piemonte ha vissuto qualche ora di trepidazione per il maltempo, nulla in confronto a quanto accaduto in Emilia-Romagna. Lunedì la Regione aveva annunciato la fine della fase di urgenza dovuta alle piogge del week end, ma ieri ne ha lanciata una nuova che durerà almeno fino ad oggi pomeriggio.
Se avevamo superato un momento difficile registrando che erano caduti sul nostro territorio quantitativi di acqua con punte di 300 mm, ora attendiamo di nuovo “rovesci e temporali localmente anche molto forti ed associati a grandinate, più persistenti a ridosso della fascia pedemontana nordoccidentale fino al primo pomeriggio di oggi”. Poi andrà di nuovo meglio. Almeno fino alla prossima allerta.
Durante l’emergenza del fine settimana scorso erano stati aperti 99 centri operativi comunali, quasi tutti nelle province di Cuneo e Torino. Sul territorio erano stati impiegati circa 3mila volontari del Coordinamento regionale e del Corpo AIB, che si sono occupati soprattutto di monitorare la situazione.