Nelle urne vuote delle elezioni suppletive per i sindaci (astenuti metà dei cittadini) l’effetto Schlein è svanito: il centro-sinistra perde ovunque, tranne che a Vicenza. La nuova segreteria colpisce il Pd, Conte nasconde i Grillini, i Centristi si dividono tra Renzi e Calenda. Il destra-centro mantiene i suoi elettori e, nell’assenza di competitori, fa l’en plein di sindaci, da Ancona a Catania, passando per la ex rossa Toscana.
A tre mesi dalle primarie, che avevano incoronato la Schlein, rovesciando i risultati degli iscritti Pd espressisi a favore del riformista Bonaccini, la sentenza delle urne è inequivocabile: la svolta su posizioni di sinistra radicale (sostenuta da grandi media della carta stampata e dalla tv, appoggiata ai gazebo da migliaia di elettori grillini) non ha pagato. Anzi. Si è confermata una tendenza che dura dall’avvento della Repubblica: la sinistra da sola, perde; vince l’intesa tra centro e sinistra, da Fanfani-Nenni a Moro-Berlinguer, sino all’Ulivo di Prodi.
La Schlein si è presentata in rottura con lo schema fondativo del Pd, nato dalla confluenza tra Ds e Margherita, con una linea ecologista e radicale, con una scarsa attenzione alla questione sociale e una forte predominanza dei temi etici, con il programma del movimento Lgbtq (sì alla maternità surrogata, al matrimonio egualitario…). Sul piano politico ha abbandonato la ricerca di un’intesa con i centristi, puntando sui Pentastellati; ma Conte ha rifiutato l’abbraccio, anzi sulla Rai ha fatto accordi con la Meloni a scapito del Pd. L’opposizione “sempre e comunque” al Governo non ha fatto breccia in un’opinione pubblica che cerca soluzioni ai problemi; la Schlein ha persino ricevuto un richiamo indiretto dal Presidente Mattarella, che ha difeso la ministra Roccella, impedita di parlare al Salone del Libro, mentre i Dem avevano “coperto” politicamente la contestazione.
Di qui alle Europee si apre per i Dem una strada in salita, sui programmi e sulle alleanze. Proprio a Bruxelles ci sarà la scelta decisiva sul simbolo: Socialisti e Democratici, come chiedono gli ex Popolari, o solo “Socialisti”, come propone la Schlein? Non è una scelta indifferente, perché il taglio delle radici comporta in politica grandi conseguenze.
Nel centro-sinistra anche i Pentastellati debbono scegliere il loro futuro. Per ora è congelata a Bruxelles la richiesta di adesione ai Verdi, mentre molti media avanzano l’ipotesi che l’ex premier Conte vorrebbe “trasferirsi” al centro; di qui la mancata partecipazione ai comizi con il Pd e la stessa prudenza sui temi etici.
Intanto i centristi Calenda e Renzi continuano a ignorarsi, pur restando insieme nei Gruppi parlamentari. Nell’area centrale ha fatto scalpore un’iniziativa dell’ex sindaco di Milano, Letizia Moratti, che ha riunito, in vista delle Europee, una platea composita di esponenti politici: socialisti come l’ex ministro Signorile, ex popolari come Renzi, liberali come l’ex ministra Gelmini. Culture diverse che non sarà facile assemblare.
Con una opposizione “a pezzi” la vittoria del centro-destra è legittima e prevedibile, ma non nasce da uno sfondamento elettorale rispetto ai risultati del 25 settembre: la Meloni, con Berlusconi e Salvini, tiene il suo elettorato, nonostante l’astensionismo crescente. Restano sul tappeto i problemi della governabilità, a cominciare dall’attuazione del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), con un rapporto non facile con Bruxelles. Sulle riforme istituzionali, con una mossa a sorpresa, Salvini ha chiesto di non toccare il ruolo del Capo dello Stato (forse consapevole della popolarità di Mattarella); resta nel limbo il disegno di legge Calderoli sull’autonomia regionale, per le permanenti preoccupazioni di FdI e FI sulle reazioni del Sud.
Non è da sottovalutare il recente terremoto in Rai, con la conquista da parte del Governo dei punti strategici dell’azienda (ma già il centro-destra controlla le tre reti televisive Mediaset, della famiglia Berlusconi). Un autorevole giornalista del centro-destra, l’ex direttore de La Stampa Carlo Rossella, ha messo in guardia il Governo dal possesso “totalitario” dei media: già in passato non ha pagato (si ricordino i casi Fanfani e Craxi…).
Per un anno, sino alle Europee del 9 giugno 2024, non sono previste consultazioni elettorali. È auspicabile che maggioranza e opposizione, senza autoritarismi e senza diserzioni, abbiano un confronto costruttivo e continuo sui grandi temi aperti, a cominciare dal dopo-alluvione in Romagna. La disputa sul futuro commissario non può ostacolare l’urgenza della ricostruzione. È un dovere politico e morale verso migliaia e migliaia di persone.