Anche quest’anno, il 7 giugno scorso, come clero diocesano abbiamo sperimentato una vera comunione sacerdotale compiendo un Pellegrinaggio al Sacro Monte di Varallo Sesia (che fa parte degli 8 Sacri Monti del Piemonte e della Lombardia ed è stato dichiarato dall’Unesco patrimonio mondiale dell’umanità).

Certamente l’intento del pellegrinaggio era prettamente spirituale, con la celebrazione della Santa Messa presieduta dal Vescovo Edoardo, ma allo stesso tempo è stato a carattere di “aggiornamento”: grazie anche ai sacerdoti novaresi don Paolo Milani e don Damiano Pomi che ci hanno introdotto nella antica chiesa di Santa Maria delle Grazie.

Una chiesa suggestiva, un vero scrigno di storia, di arte e di devozione.

Questa antica chiesa ha in parte una analogia con l’antico monastero di San Bernardino in Ivrea con il comune tramezzo affrescato dallo Spanzotti che divide la chiesa in due parti: aula della Liturgia della Parola e aula della Liturgia Eucaristica.

Abbiamo ammirato questa parete “gaudenziana” (dal nome dell’autore novarese Gaudenzio Ferrari): nella parete affrescata sono dipinti tutti i misteri cardini della nostra Salvezza e questo esprime una vera e propria Teologia dell’Immagine del 1400, dove il credente viene preso per mano attraverso la Parola e l’Immagine e progressivamente entra nel Mistero della Salvezza.

Nella seconda parte del nostro pellegrinaggio, prima di entrare nel grande Santuario del Sacro Monte dedicato all’Assunta, abbiamo ammirato la riproduzione dei luoghi della Terra Santa.

Verso la metà del XV secolo, infatti, aveva incominciato a diffondersi, in Occidente, un forte bisogno di riprodurre i luoghi della Passione e della Resurrezione di Gesù.

Esempi di questa necessità sono, in primo luogo, le chiese a pianta rotonda, che richiamano la Basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme.

Il luogo doveva rappresentare un’autentica alternativa al pellegrinaggio verso la Terra Santa; di qui l’espressione “Nuova Gerusalemme”, successivamente impiegata per identificare il Sacro Monte di Varallo.

Dietro a queste rappresentazioni stava, inoltre, una forte intenzione pedagogica cara alla spiritualità francescana, attenta a promuovere l’immedesimazione dei fedeli con l’esempio dato dalla figura di Gesù.

Infine la grande Basilica dove nella Cripta c’è una statua di Maria Santissima dormiente, che riprende la tradizione Orientale del dogma dell’Assunta.

Questo Pellegrinaggio del clero diocesano di Ivrea è stato una grande grazia perché abbiamo sperimentato quella fraternità sacerdotale che contraddistingue il nostro essere presbiteri, abbiamo imparato a vincere quell’individualismo che è un elemento distintivo del nostro tempo.

L’Eucarestia celebrata intorno al nostro Vescovo ci ha costituiti “servi” dell’Alleanza e ci sprona a vivere quella “vivezza spirituale”, come diceva una grande santo italiano, così da manifestare nella storia i vincoli di comunione e di unità che devono animare tutti i credenti e anche i tiepidi e i lontani.

Don Giuseppe Sciavilla

Redazione Web