Occorre superare l’idea radicata del rifiuto come scarto, per ampliare i nostri orizzonti e vederlo come risorsa.
Questo il tema su cui ha ruotato il convegno “Il futuro dei rifiuti. Strategie e scenari per una gestione sostenibile”, che Scs ha organizzato venerdì scorso al Salone dei 2000 alle Officine Ico.
Qui, luogo iconico, attraverso tre panel ricchi di informazioni, dati, proposte e esempi che i numerosi relatori (provenienti dal mondo delle istituzioni, dalle associazioni di categoria, dall’università e dalle imprese) hanno presentato, è emerso un primo punto: il “rifiuti zero” non esiste, ma attraverso il riciclo si crea un circolo virtuoso in cui tutti si diventa attori attivi di buone pratiche.
Il traguardo ambizioso, previsto per il 2035, del raggiungimento dell’82% di differenziata passa per il Nuovo Piano Rifiuti Urbani in Piemonte, che mette sul tavolo 40 interventi finanziati dal Pnrr mirati all’implementazione dell’economia circolare, mentre con il Programma Regionale Fesr 2021-2027, di altri 40 milioni di fondi 20 sono stanziati per miglioramenti e diffusione di tecnologie di riciclo di rifiuti contenenti materie prime, 20 per prevenzione della produzione di rifiuti e promozione delle simbiosi industriali.
Obiettivo importante è la riduzione del conferimento in discarica portandolo al solo 10%.
“Esistono in Italia ben 10 mila 400 impianti per la gestione dei rifiuti, per la quali totalità speciali, di cui solo 657 urbani. È di fondamentale importanza accrescere il numero di impianti come i termovalorizzatori, che consentono di effettuare un recupero energetico” chiarisce il presidente di Confservizi, Sandro Baraggioli.
Purtroppo le discariche non le vuole nessuno, men che meno i termovalorizzatori.
Ed ecco che si preferisce la (costosa) soluzione della delocalizzazione e dell’esportazione dei rifiuti, anziché investire sul maggior numero di impianti di trattamento (riciclo, recupero, smaltimento).
Silvia Fiore, del Politecnico di Torino, lancia un allarme sulla gestione dei rifiuti Raee (Rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche), che già a monte presentano errori di smaltimento e conferimento, con perdita di materie prime, secondarie e critiche.
La difficoltà di riciclo suggeriscono la facile strada di inviare i Raee nei Paesi in via di sviluppo, dove il basso costo della manodopera per il riciclo e le inesistenti norme di sicurezza innesca problemi di pericolosa esposizione e inquinamento ambientale.
Ed è un serio problema ambientale la “fast fashion”, la moda usa e getta che utilizza capi con tessuti scadenti e sintetici, la cui industria è responsabile del 10% delle emissioni mondiali di gas climalteranti.
A livello locale, esempio virtuoso è l’esperienza della Osai di Colleretto, che recupera in loco materiali rari da rifiuti Raee all’interno del progetto RE4MRecycling for Manufacturing.
Leggermente meno virtuoso è, invece, il risultato della raccolta pro capite della carta in Canavese (54,21 kg/abitante su 67 kg di media piemontese).
Conclude Andrea Grigolon, direttore di Scs: “Il contributo fornito da amministrazioni, consorzi di filiera e università è fondamentale, ma non può funzionare se non si lavora in sinergia con le aziende e con i cittadini, che possono essere promotori di grandi e importanti cambiamenti”.
Paola Ghigo
Redazione Web