(Doriano Felletti)
L’idea di uniformare le unità utilizzate per le misure nel settore scientifico e nel quotidiano si fece strada a partire dal XVII Secolo: l’astronomo francese Jean Picard e il matematico bellunese Tito Livio Burattini furono i primi a prospettare l’ipotesi di ricercare nei fenomeni fisici universali la definizione dell’unità di lunghezza, dalla quale sarebbero derivate le unità delle altre grandezze.
L’adozione di un sistema completo di unità di misura avvenne alla fine del secolo successivo. Nel 1790, fu Charles-Maurice de Talleyrand-Périgord, “l’uomo che ingannò terra e cielo”, allora Vescovo di Autun, a presentare nella seduta dell’Assemblea Nazionale di Francia una relazione in cui deplorava l’enorme variabilità delle unità di misura nei diversi luoghi e proponeva di adottare un sistema univoco che avrebbe dovuto diventare universale.
Fu dato l’incarico all’Accademia di Francia di nominare una Commissione che doveva decidere quale unità fondamentale di lunghezza adottare e costruire il nuovo sistema metrico. I membri nominati furono gli scienziati francesi Jean-Charles de Borda, Marie-Jean-Antoine-Nicolas Caritat de Condorcet, Pierre Simon Laplace, Antoine-Laurent de Lavoisier e Gaspard Monge; presiedeva la Commissione il più grande matematico torinese: Joseph-Louis Lagrange.
Nato il 25 gennaio 1736 nella casa al numero 29 della via che oggi porta il suo nome da Giuseppe Luigi, tesoriere dell’Artiglieria del Re di Sardegna, e da Maria Teresa Gros, figlia di un medico di Cambiano, Giuseppe Ludo-vico de La Grangia Tornier era il primo di undici fratelli. Iscritto all’Università degli Studi di Torino per intraprendere gli studi giuridici, non sostenne alcun esame, in quanto prevalsero gli interessi nei confronti della fisica sperimentale e della matematica superiore. Compì tali studi da autodidatta, sotto la guida di alcuni precettori, tra cui Giovanni Battista Beccaria, monregalese autore del Gradus Taurinensis.
Il 26 settembre 1755 fu nominato dal Re Carlo Emanuele III Sostituto del Maestro di Matematica nelle Regie Scuole di Teoria d’Artiglieria.
Nel 1757 fu tra i fondatori della Società Privata Torinese, insieme al conte Angelo Saluzzo di Monesiglio e al medico Gianfrancesco Cigna. Ad essi si affiancarono altri scienziati piemontesi e la sede della Società divenne il luogo in cui fiorirono studi di matematica, meccanica e fisica raccolti e pubblicati, a partire dal 1759, nella Miscellanea philosophico mathematica Societatis privatae Tau-rinensis; furono coinvolti figure eminenti dell’illuminismo francese (come D’Alem-bert e Condorcet) e autorevoli studiosi stranieri, quali Benjamin Franklin, Lazzaro Spallanzani, Carl von Linné e Leonhard Euler.
Nel 1783, a seguito della concessione delle Lettere Patenti da parte di Vittorio Amedeo II, la Società divenne la Reale Accademia delle Scienze. Nel 1766 Lagrange fu chiamato da Federico II di Prussia per presiedere la Classe di Scienze dell’Acca-demia di Berlino. Nel 1787 si trasferì a Parigi, su invito di Luigi XVI, che lo nominò direttore della Sezione matematica dell’Académie des Sciences. Divenne cittadino francese nel 1792 e, dal 1797 insegnò all’École Polytechnique. Si spense nel 1813 e venne sepolto nel Pantheon di Parigi.
Conclusi i lavori il 30 marzo 1791, la Commissione deliberò di costruire un sistema metrico decimale universale; stabilì di adottare il metro come unità fondamentale di lunghezza, pari al decimilionesimo del quarto di meridiano terrestre (cioè la parte di meridiano che va dal Polo Nord all’Equatore). La determinazione di tale distanza fu affidata ad una commissione geodetica attraverso la misura dell’arco di meridiano fra Dunkerque e Montjuich (Barcellona). Un’altra commissione operò per definire le regole utili a ricavare le altre unità a partire da quella di lunghezza, definirne i relativi multipli e sottomultipli e la nomenclatura: la ratifica avvenne con Legge del 18 Germinale Anno III (7 aprile 1795) che stabilì di adottare per le lunghezze il metro; per le aree e per i volumi, il metro quadrato e il metro cubo; per i pesi, il chilogrammo, uguale al peso di un litro di acqua distillata a 4° C.
Terminati i lavori della Commissione geodetica, sulla base della misura rilevata fu costruito il campione del metro, realizzato con una sbarra di platino e, con Legge del 4 Messidoro Anno VII (22 giugno 1799), esso fu adottato e depositato presso il Museo di arti e mestieri di Parigi come prototipo del nuovo sistema, insieme al chilogrammo campione, anch’esso realizzato in platino. Il sistema metrico decimale fu reso obbligatorio per tutti i cittadini francesi con Legge del 1801. Ancor prima della conclusione dei lavori, nel settembre 1798, fu convocata la Conferenza internazionale sul sistema metrico, il cui scopo era quello di coinvolgere i rappresentanti scientifici di ogni nazionalità per assistere alla fase conclusiva della definizione del nuovo sistema. Il rappresentante designato per il Regno di Sardegna fu il Conte Prospero Balbo ma, nel febbraio 1799, quando il Pie-monte era già sotto il controllo francese, fu sostituito dall’abate Antonio Maria Vassalli Eandi, altra grande figura di scienziato nato a Torino il 30 gennaio 1761.
Anch’esso ebbe come mentore Giovanni Battista Beccaria; terminati gli studi accademici, si occupò di ricerche sull’elettromagnetismo e sul galvanismo diventando, nel 1792, professore di Fisica aggiunto all’Università di Torino. Nominato nel 1804 segretario della Classe di Scienze fisiche e matematiche presso l’Accademia delle Scienze, nel 1805 ottenne la nomina a segretario del Consiglio di amministrazione dell’Università di Torino. Nel 1806 fu nominato direttore dell’Osservatorio di Torino per la parte meteorologica e nel 1823 membro della Giunta accademica incaricata di riordinare il Museo egizio. Morì a Torino il 5 luglio 1825. Ebbe un ruolo importante nella diffusione del Sistema metrico decimale nel territorio piemontese: al suo rientro consegnò infatti all’Accademia “il ferreo autentico modello dell’archetipo del metro” e scrisse il “Saggio del sistema metrico della Repubblica Francese” la cui terza edizione del 1806 conteneva “molte tavole ad uso di conti fatti, del rapporto delle nuove misure a quelle degli altri dipartimenti di qua dall’Alpi e delle principali piazze”.
L’adozione del nuovo sistema incontrò però notevoli resistenze; Napoleone, facendo sue le lamentele delle classi popolari, ne sospese l’obbligatorietà e autorizzò l’uso delle vecchie unità. Dopo la restaurazione, nel 1816 la Regia Camera dei Conti del Regno di Sardegna chiese all’Accademia delle Scienze di esprimersi in merito all’adozione delle nuove unità di misura. Nel parere, presentato da Prospero Balbo il 30 aprile 1816, si consigliò di utilizzare il piede piemontese, uguale a 1/19.440.000 del quarto del meridiano medio terrestre (0,5144 metri), in modo da mantenere salda l’identità locale ma preservare comunque il rapporto con il metro francese. Tutte le altre unità di misura si dovevano ricavare a partire da tale grandezza.
La decisione fu ratificata il 4 luglio 1818. Ma la spinta degli scienziati fu forte, tanto che sia durante la VI Riunione degli scienziati italiani del 1844, sia durante l’edizione dell’anno successivo furono approvate le mozioni dei partecipanti in cui si chiedeva l’adozione del sistema metrico decimale in tutti gli stati italiani. Pertanto, il Regno di Sardegna, con editto del 1º luglio 1844, ne stabilì l’uso in Sardegna a partire dal 1846; con editto dell’11 settembre 1845, l’adozione del nuovo sistema fu esteso a tutto il territorio del Regno a partire dal 1 gennaio 1850, termine poi spostato al 1 aprile 1850.
Restava il problema dell’alfabetizzazione metrologica del popolo, in assenza di mezzi di comunicazione di massa e in presenza di elevati tassi di analfabetismo. Appare opportuno menzionare la straordinaria opera di divulgazione di Don Bosco con il suo libretto “Sistema metrico decimale ridotto a semplicità, ad uso degli artigiani e della gente di campagna”, pubblicato nel 1849, il cui scopo era “ridurre il sistema metrico alla massima semplicità”.
Fu grazie a opere come questa che il sistema metrico decimale diventò di uso comune: ma ancora oggi non è inusuale misurare i terreni in giornate o utilizzare termini dialettali come cicinin, frisa, quartin, branca, ricordi delle unità misura di un’epoca passata.
Nella foto sotto: Antonio Vassalli Eandi.
Foto di copertina: Joseph Louis Lagrange