Il canavesano monsignor Pier Giorgio Debernardi – nativo di Feletto, vescovo emerito di Pinerolo ed ora che è in pensione missionario in Burkina Faso – ha inaugurato il sessantesimo pozzo realizzato in quel Paese africano con il contributo dell’associazione “Acqua nel Sahel”.

È un pozzo “dedicato” al Canavese per dire grazie alla generosità di tante persone della sua terra d’origine.

Diversi anni fa il cardinale arcivescovo di Ouagadougou (capitale del Burkina Faso) aveva invitato i laici a istituire delle scuole per istruire i bambini più poveri dell’area della capitale.

Tra chi rispose a questa richiesta, Frère Edmond e la sua “Associazione degli Insegnanti per l’educazione scolastica dei fanciulli in difficoltà”.

Invece di lavorare nelle scuole private, dove potrebbero guadagnare bene – ha spiegato il vescovo Debernardi al settimanale pinerolese Vita diocesana e al nostro Risveglio Popolare –, questi insegnanti hanno scelto di assistere i ragazzi le cui famiglie pagano quello che possono (cioè poco o quasi nulla, ndr). Oltre a educare i ragazzi, li tolgono anche dalla strada, garantendo loro un’alimentazione più adeguata”.

Questa scuola si chiama “Le Beatitudini”, e si trova all’estrema periferia di Ouagadougou, di cui accoglie 160 poverissimi bambini della scuola primaria e secondaria, cristiani e musulmani. “L’associazione sta ampliando l’edificio ma aveva bisogno di un pozzo per garantire l’acqua a tutti gli ospiti – racconta ancora il vescovo emerito –. Grazie alle offerte ricevute da tante persone generose in Italia ed in speciale misura da Pinerolo e dal Canavese, abbiamo potuto realizzare un pozzo che abbiamo chiamato Canavese (“territorio bello e verdeggiante del nord Italia” come appare scritto in francese sul pannello che indica il pozzo) per ringraziare la generosità della sua gente”.

Si tratta di un pozzo un po’ speciale, perché è del tipo a “chateau”, permette di pompare l’ac[1]qua nei vari settori della scuola, di poter far fare la doccia ai bambini e di insegnare qualche utile pratica agricola.

Come detto, è l’ultimo in ordine di tempo di sessanta pozzi in zone “assetate”: non è affatto poca cosa.

 

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Redazione Web