Il sostentamento del clero è una delle tre aree di destinazione dei fondi 8xmille della Chiesa cattolica, stabilite per legge.
I sacerdoti sono spesso i primi motori di opere di carità, organizzano le attività pastorali coinvolgendo persone e comunità che sono al loro fianco, dispensano i sacramenti in virtù della loro ordinazione. Distribuiscono il bene all’interno delle loro comunità, le quali replicano a loro volta azioni di bene a profitto di tutti.
Il vescovo Edoardo ha recentemente reso noti i cambiamenti in diverse parrocchie della diocesi che hanno avuto al centro proprio la figura del sacerdote, del parroco, nell’ottica di servire le comunità alla luce anche del numero e dell’età dei sacerdoti disponibili.
Tra le nuove nomine figura anche quella di don Luca Pastore, che domenica scorsa ha già fatto l’ingresso (subentrando a don Guido Griffo) nella Parrocchia di Carema, aggiungendola al suo servizio già in corso da tempo a Quassolo, Quincinetto, Tavagnasco: una comunità “allargata” che nel suo insieme arriva ai 3mila abitanti.
A don Luca abbiamo rivolto alcune domande per aiutarci a capire il servizio del prete “diviso” su più comunità e su come le comunità si “adeguano” e partecipano a questo nuovo modo di “avere” un parroco.
Don Luca, che cosa vuol dire oggi per un prete servire piccole comunità ?
“Esserci è la cosa più importante… Piccole comunità non vuol dire avere pochi problemi, anzi! Ma dà a noi parroci la possibilità di vivere un rapporto più fraterno e familiare con le Comunità dove serviamo, ci umanizza ancora di più nel ministero, a differenza delle grandi città dove c’è il grosso rischio di essere solo dei “personaggi“ che ricoprono un ruolo. Mi rifaccio alle parole di Papa Francesco, “a immagine del Buon Pastore, il prete è uomo di misericordia e di compassione, vicino alla sua gente e servitore di tutti”.
Come i fedeli comprendono e accettano che la scarsità di sacerdoti obbliga uno di loro ad essere impegnato su più “fronti”?
“Effettivamente siamo impegnati su molti fronti. Una volta ogni campanile aveva il suo parroco, ma adesso siamo passati alla “pastorale del campanello”, siamo noi che dobbiamo andare a incontrare le nostre Comunità là dove sono, dove vive la gente, dove gli ammalati soffrono, dove gli anziani sono soli e i giovani disorientati. Parroco e comunità hanno modificato il loro modo di incontrarsi, di frequentarsi, di raggiungersi che non ha perso di intensità, di valore, di significato. Colgo molta comprensione da parte delle Comunità e anche un nuovo entusiasmo nel voler essere maggiormente presenti e collaboratori nel portare avanti i progetti Pastorali”.
Don Luca, come organizza il suo servizio pastorale per soddisfare le esigenze di queste quattro Comunità?
“Coinvolgo sempre di più i membri delle Comunità Parrocchiali nel fare assieme “l’agenda del parroco.” Cerco di dare una dimensione di “Unità Pastorale” delle quattro parrocchie insieme. Passo da un “io” a un “noi” per dirla con Papa Francesco. Tutto questo ci permette di unire le idee e di condividere assieme i progetti e accogliere i suggerimenti per far crescere le Comunità alla scuola del Vangelo. Dio sta indicando alla Chiesa la strada della comunione, del “camminare insieme”, un invito a “superare i binari paralleli che non si incontrano mai”.
Ha dato ruoli ed incarichi a fedeli laici per essere aiutato nella tua missione?
“Certo, come ci ricorda il Santo Padre : i fedeli laici non sono “ospiti” nella Chiesa, sono a casa loro, perciò sono chiamati a prendersi cura della propria casa. Dalla catechesi, alla liturgia e nel servizio della carità ho trovato molta loro disponibilità ad impegnarsi attivamente e attivamente cerchiamo di crescere ogni giorno”.
Come riesce a distribuire e a far condividere la Parola e le opere di Carità a comunità diverse?
“Rivoluzione o opportunità? Direi più un gioco di squadra. Nel vivere questa esperienza ci ha dato la possibilità di conoscerci e poter fare molte attività assieme, unendo le forze sui vari settori e diversi. Tanto per fare un esempio, col gruppo catechiste abbiamo programmato a turno la Messa del sabato sera dei ragazzi del catechismo: ognuno portava liberamente un prodotto o un genere alimentare, raccolto poi dalle catechiste, messo nel cesto della Carità e portato all’offertorio nella Messa, in seguito consegnato al gruppo Parrocchiale “solidarietà Famiglie” per essere condiviso con chi ha necessità. Ragazzi e famiglie sono educate a tenere viva la fiamma della carità, fare rete con la Caritas Diocesana e le comunità, avere un’ attenzione alle necessità che riscontriamo sul territorio”.
Don Luca, come fa a comunità diverse farle sentire parte di un unico progetto pastorale che le è affidato?
“Questa è la sfida con la quale mi piace confrontarmi e lavorare; fare interagire le comunità, integrate in una “Unità Pastorale”. Alla luce della mia esperienza sacerdotale, la migliore “strategia” per sentirci tutti parte di un unico progetto pastorale è quella di fondarci sull’anno liturgico, in quell’ottica immaginare e costruire le attività, motivare la partecipazione, saldare i legami amicali e di fede. Ogni parrocchia ha la sua identità e storicità ma il Sinodo ci chiama a metterci in discussione e a camminare assieme. “La situazione è vocazione” dice l’arcivescovo di Milano monsignor Delpini. Questa esperienza mi permette di tenere sempre più viva, aggiornata, ed efficace la mia identità di parroco e pastore”.
c.m.z.
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Redazione Web