Nella oggettiva condizione di debolezza dell’opposizione parlamentare i veri problemi per il Governo vengono dall’interno: ieri la gestione confusa del ministro Fitto sui fondi europei (mancano da Bruxelles 70 miliardi), oggi le “uscite” isolate di Nordio e Salvini su Giustizia e Fisco.
Il Guardasigilli ha messo in difficoltà la premier sul tema delicatissimo della lotta alla mafia, proponendo l’abolizione del reato di “concorso esterno in associazione mafiosa” (per questo capo d’accusa il forzista Dell’Utri subì una condanna a 7 anni). La stessa Meloni ha zittito il suo ministro, rilevando che il tema non è all’ordine del giorno. Peraltro la premier era reduce da un colloquio con il Capo dello Stato: secondo tutti i media Mattarella ha chiesto all’Esecutivo di evitare un nuovo scontro con le toghe (ancora il Quirinale non ha firmato il disegno di legge sulla mini-riforma della giustizia, che conterrebbe elementi in contrasto con il diritto europeo, in particolare sull’abolizione del reato di abuso d’ufficio).
Il vice-premier e ministro dei Trasporti, Salvini, ha invece chiesto un nuovo condono, in nome della “pace fiscale”, sollevando subito la reazione negativa del ministro leghista dell’Economia, Giorgetti, e del direttore dell’Ufficio Imposte, Ruffini; il timore – legittimo – è di un ulteriore buco nei conti dello Stato, già indeboliti dal rialzo dei tassi d’interesse, dai bonus di Conte e dalle incognite sui fondi europei.
Anche Salvini, come Nordio, è rimasto isolato: il ministro di Grazia e Giustizia rischia l’emarginazione sostanziale del suo ruolo, mentre per Salvini l’ipotesi è di una deliberata scelta elettorale in vista delle prossime Europee. Colpisce anche la continua polemica con il numero due della Lega, Giorgetti, già emersa sul Mes (il Meccanismo Europeo di Stabilità): una scelta necessaria per il titolare dell’Economia, una sciagura per l’Italia secondo il leader del Carroccio.
In estate Salvini non è nuovo a polemiche dure, che hanno portato alle crisi dei governi Conte e Draghi; ora l’obiettivo sembra più limitato: sottrarre voti sulla destra alla Meloni, accusata di ricercare a Bruxelles “l’inciucio” con i grandi gruppi politici che sostengono Ursula von der Leyen.
In questo clima incandescente il Governo ha respinto, senza una adeguata discussione, la proposta di legge sul salario minimo avanzata dal M5S e sottoscritta da Pd, Alleanza Verdi-Sinistra, Azione: un provvedimento che riguarda tre milioni di lavoratori non può essere liquidato dal vice-premier Tajani (nuovo segretario di Forza Italia) con il paragone dell’Urss, anche perché si tratta di una misura attualmente in vigore in diversi Paesi occidentali. Con i no pregiudiziali si rischia un “muro contro muro” che non fa bene al Paese.
Né si può pensare che il dibattito politico sia prerogativa esclusiva della maggioranza (Nordio e Salvini docet!).
Nel campo dell’opposizione ha fatto invece scalpore la scelta della segretaria del Pd Schlein di “astensione” sulla proposta radicale di legittimare in Italia la “maternità surrogata” (Gpa). È una decisione alla Ponzio Pilato, per evitare la spaccatura tra la componente cattolico-democratica, fermamente contraria, e l’ala radicale favorevole. La scelta conferma “de facto” l’esistenza nel Pd di due partiti, riformista e radicale, ma la segretaria non può rinunciare a una mediazione risolutiva, pena l’irrilevanza (peraltro gli stessi sondaggi confermano una stasi dei consensi, inchiodati sul 20%, un risultato peggiore rispetto alla segreteria Zingaretti). Nell’area centrale permangono le divergenze tra Calenda e Renzi, e non è esclusa la presentazione di due liste. Intanto una componente ex popolare, guidata dall’ex ministro Fioroni, ha confermato la presentazione alle Europee di una lista di Centro con Matteo Renzi.
Il quadro politico è molto condizionato dalla scadenza elettorale, ma si rischia di sottovalutare la “ripresa fredda” dell’autunno, con il rallentamento dell’economia, il permanere dell’inflazione, la protesta dei sindacati per milioni di lavoratori ancora senza il rinnovo contrattuale (per alcune categorie il ritardo è di alcuni anni).
La priorità dovrebbe essere assegnata alla questione sociale (compresa l’immigrazione), ma i casi irrisolti della ministra Santanché, del sottosegretario Delmastro, del figlio del presidente La Russa, fanno temere un approccio diverso (e sbagliato).