Ai campionati mondiali di nuoto che si stanno svolgendo in Giappone, due commentatori Rai preposti dal servizio pubblico alla telecronaca della sezione riguardanti i tuffi, si sono lasciati andare a commenti sgradevoli, a sfondo sessista e non rispettosi delle altre culture, nei confronti degli atleti in gara.

Sebbene la telecronaca sia andata in onda di notte, alcuni telespettatori hanno denunciato le davvero inopportune e sgradevoli “battute da bar”, facendo scattare immediatamente i provvedimenti necessari e il rientro in Italia dei due commentatori.

A fronte di questo evento, i commenti si dividono tra chi inneggia alla mancanza di libertà di pensiero ed opinione e pone l’accento ai diversi bavagli che potrebbero conquistare il mondo dell’informazione e tra chi rimane basito a fronte della mancanza di professionalità, rispetto e allo squallore di quanto detto (a microfoni aperti o meno) dai due cronisti.

C’è chi si domanda se tutta questa polemica, qualora non fosse stata così amplificata dai social, non sarebbe caduta presto nel dimenticatoio di quei telespettatori notturni, tanto che uno dei commentatori implicati nella vicenda, in un’intervista su “La Presse” dice di doversi scusare solo con chi ha ascoltato in diretta quelle affermazioni.

C’è poi chi rimane colpito perché, con tutte le battaglie e l’impegno che si sta mettendo per contrastare ogni tipo di forma di bullismo, di violenza, di denigrazione nei confronti di chiunque, scopre che c’è chi riesce più o meno a mantenere un contegno, se sa di essere ascoltato, lasciando intatti pensieri e considerazioni di bassissimo livello nei confronti delle donne o di chi appartiene a culture diverse.

Libertà di stampa, libertà di pensiero… siamo sicuri che debba essere questo ciò di cui si sta parlando? Siamo davvero certi che essere liberi significhi insultare, denigrare, aggredire verbalmente, scrivere commenti con l’unico scopo di dare sfogo ad emozioni violente che non passano per il raziocinio, per il buon gusto, per la semplice educazione? Siamo sicuri che la libertà individuale debba necessariamente derogare ai principi di etica e di morale? Siamo assolutamente certi che vada bene così e che ogni genere di comportamento aggressivo, irrispettoso, immorale, possa essere avallato soprattutto da parte di chi ricopre incarichi o responsabilità pubbliche?

Forse è il caso di ripensare anche l’ingaggio tanto di professionisti quanto di politici o personaggi pubblici affinché sappiano stare al passo con un mondo che cambia, che dovrebbe aver acclarato i valori della multiculturalità e del rispetto della persona. Ognuno di noi ha pensieri diversi, ma ognuno può scegliere come esprimerli o scegliere di tacere se non ha qualcosa da dire che non sia altamente rispettoso dell’altro.

Altrimenti non c’è differenza, altrimenti non riusciamo più a distinguere tra la persona “per bene” e quella no, tra le “brutte compagnie” e quelle belle, tra le persone affidabili quelle da cui stare a distanza. Tra chi capisce di aver fatto un errore, di aver preso una cantonata pazzesca e chiede umilmente scusa e chi, con arroganza, vuole avere sempre e comunque ragione. Libertà è sinonimo di rispetto. Se non c’è rispetto non ci sarà mai libertà.