C’è movimento nella vita politica del nostro Paese: nel Pd, tra i Centristi, nella destra della Meloni.
Pd.
L’area riformista di Bonaccini, vittoriosa tra gli iscritti ma sconfitta ai gazebo, ha rialzato la testa, dando vita a Cesena alla “corrente” Energia popolare, in aperta competizione con la segreteria Schlein, di tendenza radicale. Sono emersi nettamente “due partiti”, con l’ex premier Prodi che ha tentato una mediazione, proponendo un “radicalismo dolce”; ma la mescolanza delle culture non è un’operazione facile; da tempo l’ex premier D’Alema sostiene che “non c’è amalgama”.
Dal palco di Cesena la contrapposizione è apparsa aspra: l’ex ministro Guerini ha paventato il taglio delle radici, pensando all’esperienza dei Popolari; l’ex ministro Delrio ha contestato la Schlein per l’astensione (pilatesca) sulla maternità surrogata e ha ricordato che il partito “è il popolo”, non il segretario; parlando a Camaldoli, al Convegno Cei, il presidente dei Popolari Castagnetti ha invitato i trenta parlamentari di area cattolico-democratica a restare nel Pd, ma avendo il coraggio di dire tanti no, anche alla Schlein. Altri esponenti hanno contestato l’appiattimento sulla linea di Conte (sulla mozione di sfiducia alla ministra Santanché, sul neutralismo sulla guerra in Ucraina…). Dal campo della segretaria nessun ripensamento, anzi; esponenti autorevoli hanno rilanciato la linea radicale, con Zan sulla maternità surrogata, con la Gribaudo nei giudizi sui fatti di Genova al G8; e anche il sì alla linea ad alta velocità Torino-Lione è stato messo in discussione. Potremmo dire: due partiti in uno.
La situazione preoccupa i “maggiorenti”, anche perché la dittatura dei sondaggi non segna un vento favorevole: secondo La7 di Mentana il Pd è al 19%, lo stesso risultato di Enrico Letta. Questa situazione potrebbe indurre il nuovo presidente della Fondazione culturale dem, Zingaretti, a riproporre la linea del “caminetto”, ovvero la riunione ristretta dei leader del partito: un modo per mettere la segretaria sotto tutela, cercando di conciliare il voto dei circoli e quello dei gazebo, sul piano politico e culturale.
Centristi.
Ha fatto scalpore la difesa di Berlusconi da parte di Renzi: l’ex premier, in appoggio alle dichiarazioni della figlia del Cavaliere, ha contestato la scelta dei magistrati di Firenze di continuare le indagini su Dell’Utri in relazione alle stragi mafiose degli anni novanta, coinvolgendo nell’inchiesta il leader scomparso. Per Renzi è un abuso giudiziario. In questa vicenda si è inserito politicamente il leader di Azione Calenda, con l’ipotesi di una confluenza politica tra Forza Italia e Italia viva. In ogni caso si è confermato un rapporto impossibile Calenda-Renzi: alle Europee le liste centriste saranno almeno due.
Meloni.
Il voto spagnolo ha bloccato il disegno europeo della premier che contava sulla vittoria a Madrid dell’alleanza Popolari-Vox, con l’obiettivo di riproporlo a Bruxelles, cancellando il “modello Ursula” delle “larghe intese” (Popolari, Socialisti, Liberali, sulla linea tracciata da Mattarella a Roma con il governo Draghi). In Spagna non ha vinto nessuno, né la destra né la sinistra, ed è probabile che si torni a votare in inverno; l’ex premier Monti ha auspicato che non si ripeta a Bruxelles il braccio di ferro tra popolari e socialisti perché l’Unione Europea finirebbe nella paralisi istituzionale: tutto fermo.
La Meloni, che sinora ha seguito una doppia linea – “istituzionale” come premier, “identitaria” come presidente dei Conservatori europei – è chiamata a una scelta difficile: sganciarsi a Bruxelles dall’alleanza delle destre per unirsi alla coalizione Ursula o privilegiare la scelta politica, collocando il Governo italiano all’opposizione dell’Esecutivo Ue, pur in presenza di nodi difficili da risolvere, dal Patto di Stabilità ai fondi del PNRR, sino alle complesse decisioni in campo energetico.
Salvini, alleato di Marine Le Pen e della destra estrema tedesca, punta sulla rottura con Bruxelles, su una posizione apertamente euroscettica; ma Forza Italia non è d’accordo e nello stesso partito della premier (FdI) autorevoli esponenti come il ministro Crosetto puntano sull’intesa con la UE.
La scelta europea – essenziale e determinante per l’Italia, come ricorda sempre Mattarella – sarà presto lo spartiacque della politica italiana.