Per tutti c’è la prima volta. Venerdì 28 luglio è stato il turno di Giuseppe Ambrosoli, beatificato il 20 novembre scorso: a Kalongo abbiamo celebrato per la prima volta la sua festa. L’Uganda è un Paese benedetto dalla santità. Oltre ai famosi martiri d’Uganda (Charles Lwanga e compagni) che si festeggiano il 3 giugno, proprio dalle parti dell’ospedale del beato Ambrosoli, a circa 10 Km, altri due giovani Acholi hanno dato la vita per la fede: due adolescenti, Jildo e Daudi (Ermenegildo e Davide), hanno avuto il coraggio di rifiutare ogni compromesso circa la loro convinzione e missione di catechisti.
Gli scenari in cui ha vissuto il beato Ambrosoli e hanno dato la vita i due martiri di Paimol, sono molto particolari naturalmente e storicamente. Ambrosoli diede la sua vita per i malati e i poveri nell’ospedale ai piedi della Montagna del Vento, che domina la savana e che era un punto di riferimento per i viaggiatori. Proprio qui arrivavano i mercanti dal nord: dal Sudan, dall’Egitto, dall’odierno Oman. Cibo, zanne d’elefante e schiavi erano la merce di scambio per fucili, abiti e sale.
Nel tempo la montagna prese un nome arabo Jabel Habub, diventando simbolo di asservimento e sofferenza. I britannici abolirono la schiavitù, ma ai piedi della montagna requisivano le armi dai capi clan Acholi, che dovevano sottoporsi alla Corona. La montagna divenne anche segno di oppressione. Qui i Comboniani costruirono una missione: c’era tanta acqua e l’urgenza di portare liberazione da tanto male sofferto. L’ospedale di padre Giuseppe, luogo di cura e accoglienza, divenne simbolo di pace e libertà.
Da Jabel Habub il sentiero seguito dagli schiavisti si snodava verso la Roccia di Akwang, dove gli Acholi avevano combattuto invano le truppe britanniche. Poi si dirigeva verso Paimol. Proprio su questi sentieri di violenza e morte, dove camminarono schiavi incatenati e carichi di zanne e merci, versarono il sangue i due giovani Daudi e Jildo.
Oggi, laddove dominarono schiavitù e oppressione, sorgono l’ospedale di Kalongo di padre Giuseppe – luogo di cura per i più poveri – e il santuario dei beati martiri di Paimol. Dio ha voluto porre i suoi segni di santità, affinché il popolo potesse vivere di speranza e in pace.
“Dove abbonda il peccato, sovrabbonda la grazia” (Rm 5, 20)