Secondo Pisa Today “l’autunno meteorologico è iniziato lo scorso primo settembre, mentre per quello astronomico bisogna attendere ancora qualche giorno. L’equinozio – il cui termine deriva dal latino “aequa nox”, ovvero “notte uguale (al dì)” – si verifica quando il Sole si trova esattamente allo zenit dell’Equatore e il giorno e la notte hanno la stessa durata: 12 ore ciascuno. Durante tale evento il circolo di illuminazione passa per i poli terrestri “tagliando la Terra” in due porzioni eque di luce e buio mentre la radiazione solare è perfettamente perpendicolare all’Equatore e all’asse terrestre. Ciò significa che, se ci trovassimo in quel momento proprio all’Equatore, il Sole a mezzogiorno sarebbe esattamente sopra alla nostra testa”.
Confortato nel profondo dell’animo da queste certezze, leggo inoltre che per quanto riguarda questo 2023, l’equinozio d’autunno “avrà inizio sabato 23 settembre alle 8.49 italiane”. Abbandonate le teorie del mio ex vicino ormai scomparso da tempo, che apprendo dai suoi appunti speditimi dall’estremo Oriente, vale la pena ricordare che egli segnalava due ipotesi (a dir suo incontrovertibili) sul termine equinozio. La prima riguardava il grado di parentela, nello specifico “lo zio del cavallo”. Egli affermava che un cavallo qualsiasi ha quasi sicuramente uno zio (equino zio) a meno che non sia figlio/a di cavalli unici.
Spiegava inoltre che il termine compare nel Novellino del XIII secolo, opera toscana di uno sconosciuto novelliere. Ma la sua origine era greca: thêios e théia (zio e zia) anche se usato soprattutto in meridione, attestato dal VI secolo dopo Cristo. Presto sostituì il “barba e amita” del nord. Anche perché chiamare la zia amita non era effettivamente un granché!
L’altro grande filone interpretativo dell’equinozio è quello più tipico. L’ex vicino indicava in questo termine il giorno in cui il cavallo poltrisce più del solito, beandosi nel contemplare il creato che sta volgendo ormai le spalle all’estate e guarda verso l’autunno. Nel dubbio sul futuro, mentre gli eporediesi celebrano il rito propiziatorio dell’Ivrea-Monbarone, il cavallo ozia beatamente in pianura brucando l’erba nei campi di settembre, osservando sornione le montagne dietro la Serra.
Il mio vicino ha inoltre anche scritto questo pensiero analogico: “Il Monbarone sta a Ivrea come il monte Fuji sta a Tokyo”, ma qui il rischio di azzerare le differenze è troppo alto!