Passato qualche giorno dal repentino cambio dell’ora e dai suoi effetti sugli esseri che vivono intorno a me, nonostante abbia raddoppiato i turni di guardia l’ex vicino di casa è tornato ad imbucare una missiva senza che il mio poderoso sistema di sorveglianza abbia registrato il fatto. Questa volta la lettera dimostrava più che mai i miei sospetti: egli non solo descriveva accuratamente i mascheramenti alle finestre, ma anche i miei spostamenti alle feritoie da una stanza all’altra. Unica consolazione è che queste sue affermazioni tradivano il suo punto d’osservazione, sicuramente dal fianco nord della casa di campagna, visto che tutti gli altri lati erano esclusi alla sua morbosa curiosità.
Certamente non capivo dove precisamente egli fosse di vedetta. Avrei dovuto passare ancora più tempo alle feritoie per scandagliare i movimenti di chiunque? Non era realistico. Pensavo anche a qualche sua forma di mimetismo, come se si fosse vestito da donna o da cespuglio… ma in una pubblica via ciò sicuramente avrebbe destato l’attenzione e la curiosità degli sporadici passanti, e siccome il paese è piccolo e la gente mormora, i miei infallibili sistemi di informazione avrebbero registrato la sua presenza.
La sera successiva, il vecchio telefono a muro squillò improvvisamente dopo mesi di silenzio. Eppure nessuno era a conoscenza del vecchio numero del telefono fisso! Afferrai la cornetta e dall’altra parte la voce del mio ex vicino si palesò destandomi una profonda inquietudine.
Un brivido mi percorse la schiena, come se fosse stata violata la mia sicurezza più intima. La Penny-cane osservava immobile la scena, mentre le galline erano già chiuse al sicuro nel pollaio. Finsi di non essere io, dicendo all’interlocutore che aveva sbagliato numero e persona, che io non ero affatto il signor F. ma bensì il signor K, che non abitavo nella via che lui pensava ma in tutt’altra… Mi chiese se avevo un cane e io risposi che avevo un gatto soriano di nome Gustavo. Mi chiese se avevo uova da vendere e io risposi che non avevo galline ma solo anitre. Ad un certo punto mise giù il telefono. Ero salvo? L’avevo depistato? Passai il resto della serata col pensiero addosso, poi prima di andare a dormire passai a chiudere attentamente ogni persiana, finestra, porta, portone e portoncino.
Stavo per mettermi a letto, quando il vecchio telefono squillò nuovamente. “Volevo solo dirti che il tuo depistaggio è stato vano, ma non te l’ho detto subito per farti credere di averla spuntata tu. Sappi che so benissimo cosa stai facendo e soprattutto che hai dimenticato la luce del cortile accesa”.
Misi giù il telefono e notai che aveva ragione, ma non aprii più nessuna porta per andare fuori a spegnerla. Spensi quelle all’interno e mi misi a guardare attraverso le feritoie per cogliere qualche movimento del mio osservatore. Mi addormentai al posto d’osservazione n. 3 con la testa appoggiata sul binocolo, risvegliandomi anchilosato e infreddolito verso le 2 del mattino; mi trascinai nel letto e chiusi così quella giornata inquietante.