Mentre ci prepariamo al paventato tracollo della viabilità cittadina per il rialzo del tunnel ferroviario, non possiamo che domandarci quanto durerà il cantiere e quando i nonni che sono in pensione (il 2 o 3% del totale, ormai) potranno riportare i nipotini a vedere il treno che entra in galleria dal Lungo Dora.
Ciò avviene dal 1886, quando fu aperto il tratto Ivrea-Aosta. Prima di quella data – e comunque solo a partire dal 1858 – i nonni potevano al massimo portare i bambini a vedere la locomotiva a vapore che arrivava sbuffando alla stazione di Ivrea.
Il tunnel fu una importante impresa per l’epoca: ne parlò Francesco Reuleaux nel suo volume “Le grandi scoperte” nel 1891, mentre già nel numero del 3 gennaio 1877 il “Monitore delle strade ferrate e degli interessi materiali” plaudiva alle iniziative per il prosieguo della linea fino ad Aosta. Chissà, allorquando si dovette decidere dove mettere migliaia e migliaia di metri cubi di roccia e terra che si dovevano estrarre dalla montagnola d’Ivrea, se si pensò di smaltirli in sacchetti anonimi nell’indifferenziato o in una apposita isola ecologica? C’è da dire che all’epoca SCS ancora non esisteva e che l’isola geograficamente più vicina a Ivrea era, ed è, la lacustre Monte Isola.
Il Gran Consiglio dei Pensionati, presieduto da un ex combattente delle guerre risorgimentali, si riunì dunque per deliberare in merito: scartate le ipotesi troppo razionaliste degli ingegneri, si pervenne all’idea di usare i detriti di scavo per allargare il Lungo Dora e permettere così ai pensionati delle future generazioni di passeggiare più agevolmente offrendo loro un punto di veduta privilegiato sui futuri cantieri all’imbocco del Naviglio di Ivrea. Non colsero ahimè… il problema dell’elettrificazione! Se il Lungo Dora venne realizzato con il materiale di risulta e i treni iniziarono a viaggiare, qualche anno dopo venne a disturbare la quiete d’Ivrea un tale Giuseppe Aderto, figuro molto probabilmente assai malvisto dai Pensionati, che nel 1905 fece stampare e pubblicare senza ritegno dalla tipografia Vassallo di Cuorgnè un “Progetto di ferrovia elettrica canavesana”. Costui voleva elettrificare tutto: già ci aveva provato nel 1901 quando aveva fastidiosamente insistito con un noioso “Progetto per l’impianto di una ferrovia elettrica fra Torino-Fiano-Cafasse-Lanzo-Pessinetto-Viù e Pessi-netto-Ceres-Forno”. Evidentemente, lo spirito di quell’antico elettrotecnico è oggi tornato a farla da padrone.
Il Gran Consiglio dei Pensionati eporediese non è riuscito contenere l’ondata elettrificatoria dei tempi contemporanei. E così si dovrà alzare il tetto del tunnel, ma solo nel tratto sovrastato dalla strada (quel pezzo di Corso Cavour, per intenderci, non tutto il tunnel). “Perché già sin dall’inizio la strada era più bassa del cielo del tunnel. Ma all’epoca non c’era nessuna ragione di rialzare la strada, a meno che si volesse fare il ‘gran dosso’ artificiale per rallentare le carrozze, che però non andavano oltre i 20 km/h e non c’era dunque il problema di costringerle a decelerare”.
Spesso nelle notti insonni, quando la paura di essere spiato dall’ex vicino mi assale, mi giro e mi rigiro nel letto ritrovandomi a pensare alla galleria: non potevano scavarla 50 cm più in basso? Preso da queste mille congetture, penso e ripenso al gallo Giacu, al pollaio, alle sue galline e ancora alla galleria, buia e profonda e poi a quell’orribile indovinello che girava negli anni ’80 del secolo scorso: “Cosa fa un gallo sottoterra? La galleria!”.