(elisa moro) – Tanti motivi di festa, di ricordo e di gioia nella solenne Celebrazione di domenica pomeriggio (ieri, 26 novembre) in Cattedrale ad Ivrea, alle ore 18.
Nella Solennità di Cristo Re, conclusione dell’anno liturgico, la stupenda scena evangelica, presenta l’immagine matteana del giudizio “universale”, del momento in cui Dio “giudicherà il mondo con giustizia e i popoli con rettitudine” (Sal. 97, 9) e “resurget creatura, iudicanti responsura” (risorgerà ogni creatura, per rispondere al giudice), come canta l’antica sequenza del Dies Irae.
Cristo, giudice sovrano, “in quel tempo” (Mt. 25, 31), collocato non in un’epoca immaginaria futura, ma nella reale attualità degli eventi, siede sul trono della sua gloria, essendo “il capo del corpo, cioè della Chiesa” (Col. 1, 18).
Il senso della Solennità di Cristo Re, istituita da Papa Pio XI nel 1925, con l’enciclica “Quas Primas”, può allora essere ricompreso nel cogliere in ogni istante il segreto dell’amore rivolto all’altro, nel donarsi al fratello nel quotidiano, immergendosi con maggiore intensità nel mistero del Verbo incarnato, come “Re dei cuori, per quella sua carità che sorpassa ogni comprensione umana” (Quas primas, 1).
Uno sguardo rivolto, dunque, a Colui che “serve regnando e regna servendo”, riprendendo le parole dell’omelia di Mons. Edoardo Cerrato, che ha presieduto la celebrazione, e che viene cantato nella Liturgia come “Te sæculórum Príncipem, Te, Christe, Regem Géntium, Te méntium te córdium unum fatémur árbitrum” (Te, Principe dei secoli Te, Cristo, Re delle genti Te, delle menti, Te dei cuori, confessiamo unico Sovrano).
La regalità di Cristo, vissuta quindi non come un “semplice ideale (uno slogan), ma come un’impostazione dell’intesa vita”, sull’esempio del Servo di Dio Gino Pistoni, ricordato più volte nel corso della Santa Messa, non è stato l’unico motivo di festa e della numerosa partecipazione del popolo.
E’ giunta infatti, in occasione dei 120 anni dell’associazione Unitalsi, sezione piemontese, l’effige pellegrina della Santa Vergine di Lourdes, che proprio in questi giorni sta visitando diverse Diocesi.
Alle ore 15.30, la statua è stata accolta nel Tempio dell’Immacolata dei Miracoli, tra i canti delle dame e barellieri, ma anche di diversi ammalati. Alle ore 16 è iniziata la preghiera del Santo Rosario, meditato e guidato da Mons. Vescovo, a cui ha fatto seguito la processione fino alla Cattedrale, per i secondi Vespri solenni e la Santa Messa pontificale.
Qui l’arrivo della sacra effige della Madonna di Lourdes
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Tanti i fedeli accorsi, da diverse parti della Diocesi, per questa “visita pastorale” – così l’ha definita lo stesso Mons. Edoardo – della Madonna di Lourdes, cara al popolo di Dio e vicina, soprattutto ai malati, ai sofferenti e alle tante situazioni di difficoltà.
Una presenza, quella della Madre di Dio in Duomo, che certamente non ha diminuito il clima di solennità, ma ha reso più importante l’intera celebrazione.
Lunedì 27 novembre l’effige della Santa Vergine ha raggiunto la Chiesa di San Salvatore, per il Santo Rosario alle 8.30 e la Santa Messa delle ore 9, per poi proseguire presso l’Istituto Salesiano Card. Cagliero e la preghiera con i giovani alle 11; la statua proseguirà poi il suo pellegrinaggio presso la Diocesi di Susa.
Ci sono però ancora altri ricordi… Come non pensare a Mons. Luigi Bettazzi, che proprio il 26 novembre 2023 avrebbe compiuto 100 anni?!
La celebrazione della Santa Messa della 18 è diventata anche un solenne suffragio riconoscente nei confronti del Pastore che per tanti anni ha guidato la Diocesi, mentre già la sera precedente, sabato 25, alle ore 21, si è tenuto, in sua memoria, un concerto di canti gregoriani, a cura dei “Cantori gregoriani”, diretti dal Maestro Fulvio Rampi.
Un ultimo ricordo: Santa Cecilia, patrona dei cantori e dei musici, con un particolare ringraziamento alla Cappella Musicale della Cattedrale.
Papa Benedetto XVI evidenziava che, solo nel contatto con Cristo, “punto focale dei desideri della storia” (Gaudium et Spes, 45), Re che ricapitola “in sé tutte le cose” (Ef. 1, 10) e che “in aris ábderis vini dapisque imàgine” (“sugli altari si tiene nascosto nelle sembianze di pane e vino” – come canta l’inno dei Vespri), l’uomo si apre alla missione, non si chiude all’egoismo, ma rende la sua vita un continuo “canto nuovo”.
Proprio nel canto, arte che apre le porte al cielo, c’è quindi l’espressione e la sintesi perfetta dell’amore vissuto e donato, fino all’effusione del sangue, come nel caso di Gino Pistoni o di Cecilia, o nel servizio premuroso verso i malati, come nel caso dei volontari a Lourdes: “cantare è di chi ama”; cantare porta a camminare, a percorrere passi: “canta e cammina, se progredisci è segno che cammini nella santità” (Sant’Agostino, Discorsi 336, 256), verso il Re della gloria.
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