Come raccontato nell’articolo pubblicato sulla pagina Storia e Ricordi il 9 novembre scorso, nell’Otto-cento il territorio canavesano era attraversato da ben tre linee ferroviarie di cui l’ultima in ordine temporale fu la tratta Settimo-Rivarolo -Cuorgnè.
La prima ad essere costruita fu la linea Torino-Novara, entrata in esercizio il 20 ottobre 1856 che prevedeva le fermate nelle stazioni di Brandizzo, Chivasso e Castelrosso e che venne poi prolungata fino a Milano. La costruzione di tale linea ebbe inizio dalla stipula della convenzione tra il Ministero dei lavori pubblici e l’imprenditore ferroviario Thomas Brassey avvenuta il 27 settembre 1851. In tale convenzione si prevedeva «la costruzione di una strada ferrata da Torino a Novara sulla riva sinistra del Po». La società Brassey assunse l’incarico di far eseguire dall’ingegnere inglese Thomas Woodhouse il progetto di massima per stabilire l’ammontare complessivo della spesa. Costituita la Società anonima della strada ferrata da Torino a Novara con un capitale sociale di 16 milioni di lire, il progetto fu approvato dal Parlamento Subalpino l’11 luglio 1852 ed il 26 agosto seguente il Ministero dei lavori pubblici stipulava il contratto d’appalto con la Brassey. Il Governo sarebbe intervenuto come principale azionista, obbligandosi ad acquistare la metà delle azioni.
La notizia suscitò ad Ivrea grande entusiasmo: fin dal 1846, infatti, la municipalità sollecitava la costruzione di una grande ferrovia sotto alpina che consentisse il collegamento di Torino con Biella, Ivrea ed il Canavese ma, al di là dei costi che comportava un progetto così vasto, le velleità furono raffreddate dall’entrata in guerra del Regno di Sardegna il 23 marzo 1848. Al termine del conflitto, il Municipio di Ivrea presentò il 3 giugno 1850 una petizione al Parlamento Subalpino che aveva come obiettivo la richiesta di far passare la linea per la Francia attraverso il passo del Gran San Bernardo, via Ivrea ed Aosta. Nonostante le interlocuzioni con il Ministero dei lavori pubblici, l’idea non ebbe successo.
Nel 1852 fu costituito un Comitato, di cui faceva parte anche il medico, meteorologo e ampelografo Lorenzo Francesco Gatta, con il compito di coordinare le iniziative volte alla costruzione di una tratta ferroviaria fino ad Ivrea. Il Comitato riuscì, attraverso una modifica del capitolato tecnico relativo al progetto, approvato l’11 luglio 1852 e riguardante la costruzione della tratta Torino-Novara, a porre a carico della Società anonima la costruzione di un tronco di strada ferrata, della lunghezza di nove chilometri, che si sarebbe diramato in direzione di Ivrea.
La provincia di Ivrea si impegnò a costruire, a sue spese, la rimanente tratta di 18 chilometri, per un costo complessivo di circa due milioni di lire. La cifra fu ripartita in quattromila azioni da 500 lire ciascuna, seicento delle quali furono acquistate dal Municipio di Ivrea, mentre le altre furono collocate fra i vari comuni ed enti. Il giornale L’Eco della Baltea Dora sostenne in modo entusiastico l’iniziativa del Comitato, sottolineando la necessità ormai inderogabile di una linea di collegamento con Torino e illustrandone i vantaggi, economici e turistici, che sarebbero derivati dall’apertura della tratta. Collo-cate tutte le quote disponibili, restava da stabilirne il tracciato e, su questo tema, iniziarono le dispute fra i comuni azionisti per la scelta delle località toccate dalla linea. Fu per tale motivo che vennero affidati diversi incarichi: i progetti presentati avevano tutti come comune denominatore la partenza dalla stazione di Chivasso.
Thomas Woodhouse presentò un progetto di linea della lunghezza di 32 chilometri che, partendo da Chivasso, sarebbe passata per Caluso e Mazzè e, dopo aver toccato le sponde del Lago di Candia, sarebbe giunta a Strambino e quindi ad Ivrea. A San Giorgio Canavese fu costituito un altro Comitato, presieduto dal Senatore Carlo Ignazio Giulio, che incaricò l’Inge-gner Ferraris della stesura di un progetto di linea ferroviaria della lunghezza di 42 chilometri che, sempre partendo da Chivasso, sarebbe passata per Montanaro, Fogliz-zo, S. Giorgio, Montalenghe e Romano. Il terzo progetto vedeva come promotore il Comune di Caluso che incaricò gli ingegneri Peyron e Comotto, i quali progettarono una linea della lunghezza di 33 chilometri che, partendo da Chivasso, arrivava fino ad Ivrea passando per Caluso, Candia, Mercenasco e Strambino.
La scelta del progetto non fu semplice, complici le resistenze dei comuni. Dopo quasi un anno, il 14 ottobre 1853, fu respinto il progetto facente capo al Comitato di San Giorgio Canavese; nella primavera del 1854, il Ministero dei lavori pubblici, anche a seguito di ulteriori sopralluoghi, rigettò il progetto Woodhouse perché meno commerciale e scelse quello redatto per conto della municipalità di Caluso. Ma l’avvio dei lavori di costruzione della ferrovia non fu immediato, a causa di ulteriori resistenze: in particolare, fu fondato un Comitato a supporto del progetto Woodhouse che costituì la Società anonima per la costruzione della ferrovia da Ivrea a Chivasso per Mazzè ed arrivò ad un passo dall’affidamento dei lavori. Un altro progetto riguardava la costruzione della linea tra Ivrea e Livorno Ferraris, gradita alla Società Torino- Novara ma non al Consiglio Comunale di Ivrea che il 2 maggio 1856 deliberava a favore della linea attestata a Chivasso, pur preferendo che passasse per Mazzè. Anche un progetto, appoggiato dalla Gazzetta del Popolo di Torino, di una ferrovia passante per Caselle, Ciriè, Rivarolo, Agliè, Strambino ed Ivrea fu accantonato, a causa degli elevati costi di costruzione. Infine, si individuò il progetto: la scelta definitiva ricadde sulla proposta degli ingegneri Comotto e Peyron, peraltro meno onerosa fra quelle presentate.
La Camera dei Deputati lo approvò nella seduta del 29 maggio 1856, il Senato nella seduta del 7 giugno 1856. Agli imprenditori inglesi Thomas Brassey e Charles Henfrey fu affidata, con Regio Decreto del 14 giugno 1856, la concessione per «costruire ed esercire una strada ferrata da Ivrea a Chivasso, assumendosi l’impegno a tutte le loro spese, rischio e pericolo, ed a darla ultimata entro 20 mesi dalla data di approvazione della legge». Con atto del notaio Torvano del 27 agosto 1856 venne costituita la Società anonima della ferrovia di Ivrea con un capitale di quattro milioni di lire, rappresentato da 8.000 azioni da 500 lire l’una, delle quali la metà furono sottoscritte dai concessionari.
I lavori ebbero inizio nel mese di settembre e procedettero rapidamente, anche se fu necessaria una proroga di un anno, accordata dal Ministero dei lavori pubblici anche per completare le due opere più ardite: il ponte sul Chiusella, a 5 arcate da 14 metri ciascuna, e la galleria di Caluso lunga 251 metri. Il 22 maggio 1858 fu inaugurata la tratta da Chivasso a Caluso con la partecipazione di una grande folla; il treno fu accolto dalle autorità cittadine e nel cortile del Palazzo Valperga di Masino allora di proprietà del Conte della Trinità, ebbe luogo un banchetto con 300 invitati.
Ultimati i lavori, l’inaugurazione della linea fra Chivasso ed Ivrea avvenne il 10 novembre 1858. Fin dalle prime ore del mattino, Ivrea fu «invasa da una moltitudine di gente proveniente dal circondario e da contrade più lontane con carri dalle fogge più strane, trainati da focosi cavalli o da muli e somarelli ed anche da mucche».
Il treno inaugurale parti dalla stazione di Torino Porta Susa alle 11: su di esso presero posto il Presidente del Consiglio Camillo Cavour, il Ministro della Guerra Generale Alfonso La Marmora, il Ministro dei lavori pubblici Bartolomeo Bona, i deputati Pier Carlo Boggio e Carlo Alfieri di Sostegno, l’Ambasciatore a Parigi Costantino Nigra, il concessionario Charles Henfrey e varie altre personalità. Il convoglio arrivò ad Ivrea alle 13, «ricevuto con sparo di mortaretti e scampanio da grande accolta per fare lieta accoglienza agli arrivati». Durante il banchetto, allestito sotto la tettoia della stazione, Cavour prese la parola sottolineando come l’impresa mostrava un paese ormai entrato nella via del progresso.
La linea, prolungata fino ad Aosta a partire dal 5 luglio 1886, è tutt’oggi operativa e non smette di sollevare discussioni, vuoi per il paventato progetto di elettrificazione dell’intera tratta i cui lavori sono prossimi all’avvio, vuoi per le lamentele dei pendolari ammassati nelle carrozze incapienti che ogni giorno percorrono la tratta fino a Torino.