Barengo, Mazzè, Tonengo e Villareggia, comunità parrocchiali e civili unite nel nome di Sant’Antonio Abate, domenica 21 gennaio, cui si affida la nostra quotidiana fatica per procurarsi onestamente, con il lavoro, i mezzi di sostentamento.

Se “il primo fondamento del valore del lavoro è l’uomo stesso, il suo soggetto” (Laborem Exercens, 1981, San Giovanni Paolo II), certo non si può dimenticare che l’uomo deve a sua volta essere aiutato affichè possa corrispondere pienamente alla volontà di Dio (Gen 2,4-6):

“Quando il Signore Dio fece la terra e il cielo, 5 nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba campestre era spuntata – perché il Signore Dio non aveva fatto piovere sulla terra e nessuno lavorava il suolo 6 e faceva salire dalla terra l’acqua dei canali per irrigare tutto il suolo”.

ECCO UNA PRIMA GALLERY, A MAZZE’

La relazione tra uomo e natura è, dunque e sin dall’alba della creazione, concepita come armoniosamente innestata in quella tra il Creatore e la creatura.

Una relazione armoniosa, non certo predatoria, né orientata a deturpare, inquinare, dissipare, bensì premurosa di custodire con rispetto e diligenza perché (Levitico, 25,23):

“La terra è mia e voi siete presso di me come forestieri e inquilini”.

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LA SECONDA GALLERY, A TONENGO

La custodia del creato costituisce un comun denominatore chiaro nell’insegnamento dei Pontefici: dalla Pacem in Terris di San Giovanni XXIII alla Octogesima Adveniens  di San Paolo VI; in tempi più recenti il Magistero pontificio riecheggia nella “Redemptor hominis” di San Giovanni Paolo II, per emergere anche nel Discorso al Corpo diplomatico nel 2007, di Papa Benedetto XVI, fino alla monumentale “Laudato si’” di Papa Francesco che trova, se così si può dire, quasi una interpretazione autentica nel successivo documento “In cammino per la cura della casa comune”.

Così come non è mai superfluo richiamare che insegnamenti esigenti sono anche quelli che si “leggono” nella testimonianza di vita dei Santi.

E certo Sant’Antonio il Grande è espressione di questa verità, subito colta, quando era ancora in vita, dal popolo di Dio.

LA GALLERY DI VILLAREGGIA

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La sapiente e “diretta” omelia che ha dettato il Parroco Don Alberto Carlevato (nel video, a Tonengo, dove ha presieduto la S.Messa Mons. Lorenzo Piretto, Arcivescovo Emerito di Smirne, assistendo i Diaconi, Paolo Brun e Matteo Maria Bessone) ha altresì posto l’accento sulla vocazione: chiare ed esigenti, sul punto, le Letture ( Gio 3, 1-5. 10; Sal.24; 1 Cor 7, 29-31; Mc 1, 14-20.).

Sono modi differenti, così come convergenti, di “decidere per Dio”, di inscrivere nella propria vita quel “sì” che diventa seme fecondo e fattore di salvezza e conversione per tanti altri.

Se l’adesione di Giona alla chiamata di Dio pare dapprima problematica, quasi a misurare la propria minorità al confronto della missione affidata, l’incontro dei primi discepoli con Gesù illustra una prospettiva diversa, condensata in un avverbio e tratteggiata in un dinamismo (Mc 1, 14-20):

“17 Gesù disse loro: «Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini». 18 E subito, lasciate le reti, lo seguirono”. 

Lo seguirono “subito”, così come:

“vide sulla barca anche Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello mentre riassettavano le reti. 20 Li chiamò. Ed essi, lasciato il loro padre Zebedèo sulla barca con i garzoni, lo seguirono”.

Simone e Andrea “subito” assecondano quella vocazione ed anche Giacomo e Giovanni lasciano il padre, i garzoni, la barca e le reti scelgono senza indugio.

“Subito”, avverbio che introduce una dimensione temporale, non meno che una condizione esistenziale; per restare pescatori, ma diventando pescatori di uomini; condizione in cui non si esaurisce un itinerario che, anzi, si inizia, inverandosi nella sequela di Cristo.

Come farà anche il giovane Antonio che lascerà tutti i suoi averi affinchè fosse fino in fondo compiuta la volontà di Gesù, non gli mancasse quell’ “ultima” cosa (Mc 1,14-20):

”Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dàllo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi” .

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Una giornata, quella di domenica, in cui tante sono state le iridescenze capaci di suscitare meditazione e condivisione e anche rapporti di amicizia e fraternità.

Tanta gente ha desiderato portare per la benedizione i mezzi agricoli, quelli di trasporto che sono compagni della vita lavorativa di oggi; animali grandi e piccoli, che condividono le nostre giornate.

La partecipazione delle comunità civili è stata testimoniata dalla presenza di molti Amministratori locali, in particolare dal Sindaco di Mazzè, Marco Formia e dal Sindaco di Villareggia, Fabrizio Salono, con il Vice Sindaco, Francangelo Carra.

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Naturalmente, molto presenti i lavoratori della terra e molto sentita, specialmente a Tonengo, la partecipazione della Associazione Donne Rurali, settore della Federazione Coltivatori Diretti, che hanno offerto questa bella preghiera:

“Padre Santo, da te discende la pienezza di ogni benedizione ed a te sale la voce del popolo che benedice il tuo nome.

Nella tua benevolenza proteggi tutti gli agricoltori ed i loro strumenti di lavoro.

Fa’ che mediante la loro operosità ed il loro aiuto possano manifestare le meraviglie della tua creazione.

Insegnaci a rispettare la terra che ci dà il cibo ed a preservarla per le generazioni future, allontana la tentazione di crederci onnipotenti, ma ricordaci, invece, che tutti siamo strumenti ed abbiamo ricevuto un dono.

Che siamo piccoli ospiti; tu che per molti anni hai vissuto nel deserto , insegnaci a fare deserto nel nostro cuore.

Per intercessione di Sant’Antonio Abate concedi, o Signore, a tutti i lavoratori della terra, ed a tutti noi, un cuore puro, affinchè il tuo seme porti molto frutto  nella nostra vita.

Accendi nei nostri cuori la carità verso tutti i nostri fratelli, affinchè, uniti nel tuo  nome, e dopo aver trascorso nella pace e nell’onestà la nostra vita terrena, possiamo venire un giorno a goderti in Paradiso.

Amen”.

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