La violenza sulle donne si manifesta attraverso comportamenti espliciti (di cui i femminicidi sono il culmine più evidente), ma non solo; talvolta si perpetua anche con schemi subdoli ma non per questo meno pericolosi o avvilenti. Fra questi la violenza economica.
L’Istituto Europeo per l’Uguaglianza di Genere, definisce la violenza economica “qualsiasi atto o comportamento capace di provocare un danno economico ad un individuo”. Per esempio, danni alla proprietà, mancato versamento degli alimenti, limitazione all’accesso alle risorse economiche, all’istruzione, all’accesso al mercato del lavoro… Tutti modi che, insieme ad altri, rendono difficile o impossibile alla vittima di accedere a servizi di cura, a forme di impiego, all’indipendenza economica, alla consapevolezza e all’impossibilità di utilizzare risorse finanziarie (personali o familiari) disponibili.
I casi di violenza domestica che prevedono anche abuso e controllo finanziario si riconoscono nel 99% dei casi. Secondo un’indagine di WeWorld e Ipsos, il 49% delle intervistate ha subito violenza economica almeno una volta nella vita; il dato sale al 67% se si considerano le donne divorziate o separate. Eppure, questa forma di violenza è considerata “molto grave” solo dal 59% delle persone intervistate.
La violenza economica la può subire anche chi ha un lavoro: sono molte le vittime di frodi o furti da parte del partner, con problemi di ludopatia o altre dipendenze, che sono state private della possibilità di avere dei risparmi per impegni bancari che hanno creato difficoltà nella gestione del bilancio familiare.
Di violenza economica si è parlato anche nella IV Commis-sione del Consiglio regionale del Piemonte circa la proposta di legge di Raffaele Gallo, esponente DEM, che ha lo scopo di ampliare, dal punto di vista normativo, gli interventi previsti dalla legge regionale quadro sulla tutela delle donne vittime di violenza, introducendo misure che garantiscano la loro autonomia economica quando subiscono violenza di genere.
Tra le proposte quella che prevede che la Regione Piemonte provveda alla concessione di contributi per un anno che consentano alle vittime e ai loro figli di allontanarsi dal nucleo familiare e avviare azioni volte al loro inserimento professionale.
È prevista, inoltre, una riduzione dell’IRAP a favore delle aziende che assumono donne vittime di violenza. Per ora è una proposta di legge: bisognerà attendere semmai diverrà legge regionale “con l’apporto di tutte le forze politiche” come auspica il promotore Raffaele Gallo.