(elisabetta acide) – Ancora i fedeli riuniti per le celebrazioni liturgiche di inizio del mese di febbraio: 40 giorni dopo il Natale la Presentazione al Tempio di Gesù.
Il racconto è quello del Vangelo di Luca (2,22-40).
Ricordiamo che secondo le prescrizioni del libro del Levitico una donna puerpera che aveva partorito un maschio era considerata “impura” per 40 giorni e doveva recarsi al Tempio per compiere i riti di “purificazione”: ecco perché fino alla riforma liturgica del 1960, tale festa era detta della “purificazione della Vergine Maria” e la data indicata era il 14 febbraio, 40 giorni dopo la festa della Epifania (Rivelazione di Gesù al mondo).
La festa liturgica del 2 febbraio è detta “presentazione del Signore” , rimasta nella tradizione come “candelora”, giorno di benedizione delle candele.
Non sfugge sicuramente che “candelora” deriva dalla parola “candela”, quella candela che viene benedetta e viene conservata nelle abitazioni con un significato simbolico che richiama il versetto biblico: “Luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele”.
Con le parole dell’anziano Simeone, i fedeli rafforzano quella verità annunciata da Giovanni nel suo Vangelo:
“la luce splende nelle tenebre” (Gv 1,4-5).
La luce e la vita. Simeone afferma “ora lascia… andare in pace…” la pace dell’uomo che ha visto la Luce, ha visto Dio, ha riconosciuto Dio.
Credo valga la pena mettere in relazione il canto di Simeone, che viene detto “Nunc dimittis” con quello del “Benedictus” di Zaccaria, e con il “Magnificat” di Maria: la pace, la luce, la salvezza. L’ uomo che crede, che attende, che spera, che ama, che confida, che si affida… L’incontro con Dio.
“Canti” di lode per Dio che si “incarna”, che entra nella storia, si fa vicino, si fa presente, si fa uomo.
L’uomo-Dio in quel “bambino” i cui occhi di Simeone guardano con fede, le cui braccia stringono, la cui voce annuncia. L’uomo – Dio bambino nato da donna piena di “Spirito Santo”. Dio- uomo, luce, Grazia, Speranza, Salvezza.
Dio che “visita” e salva, che mantiene le promesse, che innalza gli umili, che fa “grandi cose”.
“Canti” sgorgati dal cuore, dalla fede, dalla fiducia totale ed assoluta, preghiera di un popolo, preghiera di uomini e donne. Canti che ci fanno riflettere come anche la preghiera non è solo azione personale, è anche azione di popolo, di Chiesa, fede in cammino comunitario, uomini che testimoniano la luce, che hanno quella Luce che “rischiara” le tenebre, che illumina e rallegra la vita quotidiana, che racconta la speranza.
Il giorno 3 febbraio , al mattino, in occasione della festa di s. Biagio, la celebrazione della s Messa il benedizionale della “gola”.
“A Sebàste, in Arménia, la passione di san Biàgio, Vescovo e Martire, il quale, operatore di molti miracoli, sotto il Preside Agricolào, dopo essere stato lungamente battuto e sospeso ad un legno, ove con pettini di ferro gli furono lacerate le carni, dopo aver sofferto un’orrida prigione ed essere stato sommerso in un lago, dal quale uscì salvo, finalmente, per ordine del medesimo giudice, insieme con due fanciulli, fu decapitato. Prima di lui sette donne, le quali raccoglievano le gocce di sangue che scorrevano dal corpo dello stesso Martire, mentre era tormentato” (da Santi e Beati)
La tradizione lo ricorda come “protettore” della gola, avendo guarito un bimbo cui si era conficcata una lisca in gola. A questo avvenimento risale il rito della “benedizione della gola”, compiuto dal sacerdote, con due candele incrociate poste sotto la gola dei fedeli; nell’antichità veniva utilizzato anche l’olio benedetto.
Importante riflettere sul senso dei sacramentali, nel “benedizionale”, previste dall’appendice I con il titolo di “Altre benedizioni in occasioni particolari”, in particolare la “benedizione per la salvaguardia della salute in una memoria”.
Ricordiamo che “I sacramentali sono segni sacri con cui, per una qualche imitazione dei sacramenti, vengono significati e ottenuti per l’impetrazione della Chiesa, effetti soprattutto spirituali” (can.1166 – 1667 – 60 ).
Ancora una volta da leggere non come “gesto”, ma come espressione di “affidamento a Dio”, una riflessione sul “ringraziamento” a Colui che ha donato la vita.
I sacramentali sono ex opere operantis Ecclesiae, dipendenti, quindi dall’azione della Chiesa che chiede a Dio per coloro che ne usano per il giovamento della salute dell’anima e del corpo.
I Sacramentali, come i Sacramenti, sono innanzitutto segni visibili, che significano e ottengono “effetti soprattutto spirituali” per impetrazione della Chiesa. In essi si attua la medesima logica dei sacramenti: dalle cose visibili, assunte dal creato, si risale alle realtà invisibili ed eterne dalle quali proviene quella grazia specifica, invocata in ciascun Sacramentale. I Sacramentali, come i Sacramenti, sono composti dei tre elementi classici e comuni ad ogni rito sacramentale: la materia, la forma e il ministro.
Ecco dunque la comunità riunita per le celebrazioni, nel sacrificio Eucaristico.
Ri-Unita: essere Chiesa, essere comunità parrocchiale, essere “assemblea” dei battezzati dei figli di Dio, invitati, Liturgia e Pane per vivere in pienezza il dialogo con Dio e con gli altri: Alleanza rinnovata.
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