(elisabetta acide) – In occasione dell’anniversario della prima apparizione della Madonna a Lourdes (11 febbraio 1858), come di consueto, l’OFTAL (Opera Federativa Trasporto Ammalati a Lourdes), offre la possibilità di recarsi in pellegrinaggio.
Anche quest’anno, per la Diocesi di Ivrea, l’organizzazione è stata affidata al parroco don Valerio D’Amico , che si reca, in qualità di accompagnatore e Assistente spirituale, dei pellegrini che raggiungono la località dei Pirenei in pullman.
Caratteristica del pellegrinaggio è quella “sinodale”, non solo “in cammino” come fedeli e come Chiesa, ma in “cammino interparrocchiale”, proprio questa caratteristica, costituisce la ricchezza della condivisione nella preghiera e “nei passi”.
Erano presenti fedeli delle comunità di Chivasso, Verolengo, Borgo Revel, Muriaglio, Castelrosso.
Riflettere sul pellegrinaggio vuol dire, partire dalla pratica diffusa in particolare dal Medioevo (anche prima ne abbiamo antichissime testimonianze, ma sicuramente il periodo medioevale ha creato la “fortuna” di questa pratica), pratica nella quale si intersecano componenti geografiche, religiose, artistiche.
Mi piace ricordare la definizione di Dante “genti che vanno al servigio de l’Altissimo” (Vita Nuova, XL,7).
Le “genti” peregrini, romei, palmieri… ed ora anche turisti del sacro, visitatori dei “luoghi della fede”, pellegrini dei “santuari mariani”… le definizioni non mancano.
Importante, tuttavia è sottolineare che i pellegrini non sono “turisti” o “vacanzieri”, “camminatori” o appassionati di trekking.
Pellegrinare, è necessariamente un’azione concreta, che avviene nello spazio e nel tempo, con una particolare “motivazione”.
Il cammino è accompagnato dalla preghiera e la “meta” è destinazione della celebrazione Eucaristica.
Il pellegrinare è scandito da “tappe” nei luoghi della fede, da celebrazioni, e il “senso della strada” è l’espressione del pellegrinaggio.
Lo “spirito del pellegrinaggio è un aspetto dell’eternità dell’anima” (Oursel, Pellegrini del Medioevo). l’uomo è “viator”, condizione che lo pone in relazione con luoghi, persone, punti di vista, esperienza di sè nella storia, ma anche riflessione costante del “cammino” della sua vita, protesa verso il futuro, la morte, Dio.
Pellegrinaggio è esperienza di fede, è un “cammino” fisico e spirituale, simbolo, legato alla “meta sacra” di esperienza di cambiamento, di conversione.
Il “santuario” punto di contatto con il sacro, realizza le attese dei pellegrini, che vivono un’esperienza di alterità e il cammino insieme per recarvisi, rappresenta la condivisione e la comunione della fede, tutti protesi dove “visibile ed invisibile si incontrano” (Brown) , in quell’ “eternità dell’anima” meta del cristiano.
Siamo “in cammino”, siamo sinodo, siamo Chiesa.
Forse basterebbe questo per comprendere il senso del pellegrinaggio.
Il nostro “camminare insieme” verso Cristo è la nostra “condizione” di uomini e donne “itineranti”.
Pellegrinaggio non è solo viaggio (lo sappiamo di quanti tipi di “turismo” ormai disponiamo), è partire, andare, lasciare la propria vita quotidiana.
Tra “meta” e “cammino”: lo “spazio” dell’uomo “pellegrino”, uomo “viator”, in alterità, in relazione, che incontra in uno “spazio” e in un “tempo”, un uomo che fisicamente e spiritualmente “va incontro” ed è “incontrato”.
Sicuramente il “turismo religioso” è cambiato nel corso del tempo, ma lo “spirito” del pellegrino è ancora quello che ha “mosso” quegli uomini che si sono “messi in cammino” per andare nei “luoghi santi”, per compiere, un passo dopo l’altro, percorsi fisici ed interiori.
Viaggio e meta fanno il pellegrinaggio: lo “spazio Sacro”, la basilica, il santuario, il “luogo”: dalla vita al sacro. Oggi come allora. Un itinerario di “fede”, di passi; un raccogliere gli elementi della propria esistenza per consegnarli e consegnarsi con la propria umanità, con la propria fede, con la propria libertà.
“Volete farmi la Grazia di venire qui…” una richiesta semplice, una richiesta di preghiera… e Bernardette mantiene la promessa ed anche i pellegrini rispondono alla chiamata di Maria “tutte le volte che vorrai”.
Ecco perché andare in pellegrinaggio a Lourdes.
Maria chiama e l’uomo risponde, per “andare”, per “pregare” non solo per sé, per tutti, perché tutti siamo peccatori, non solo “in viaggio”, ma per “incontrare”.
Nella tredicesima apparizione lo ha chiesto: venite qui in cammino, in processione (oggi noi lo chiamiamo pellegrinaggio ma il senso è sempre quello della preghiera).
Ai pellegrinaggi, allora, andiamo come luogo di “meditazione e di preghiera”.
Come Maria che “meditava” le cose nel suo cuore.
Lourdes è una delle “mete” dei pellegrini, da 166 anni (11 febbraio 1858 data della “prima apparizione”), luogo nel quale si possono vivere alcuni momenti di fede comunitaria attraverso la celebrazione dell’Eucaristia, alla S. Messa alla grotta, luogo delle apparizioni, il “gesto dell’acqua” per ricordare quelle parole di Maria a Bernardette “andate a bere ed a lavarvi alla fonte“; la via crucis (non dimentichiamo che Maria è Colei che ha dato al mondo Cristo), per vivere come Maria “ai piedi della croce” nella contemplazione di Dio che salva; la processione serale “aux Flambeaux”, simbolo di quella luce del mondo che rischiara le tenebre, come momento di preghiera per tutti, perchè tutti siamo peccatori bisognosi della luce della misericordia e per ricordare la nona apparizione “andare a dire ai preti di fare costruire qui una cappella e desidero che si venga in processione“, le confessioni, sacramento della Chiesa che vede proprio a Lourdes sempre la disponibilità di sacerdoti in lingue diverse, per vivere la Grazia del perdono e ci impegna come cristiani nella logica della testimonianza di quell’ Amore misericordioso di Dio Padre, che farà dire a Maria a Bernardette “pregate per la conversione dei peccatori” e tutti siamo bisognosi di perdono; la recita del santo Rosario e la preghiera, segno e “compendio” di quella fede, è guardare alla vita di Cristo attraverso lo “sguardo” di Maria, è mettersi alla sequela di Cristo sull’esempio di Maria, è come affermava Papa San Giovanni Paolo II “nella sobrietà dei suoi elementi” concentra “la profondità di tutto il suo messaggio evangelico» e dalla quale «il credente attinge abbondanza di grazia, quasi ricevendola dalle mani stesse della Madre del Redentore”.
Il pellegrinaggio è stata l’occasione di sperimentare la preghiera comunitaria, anche la “condivisione” del viaggio ha favorito la preghiera comune, alla partenza, la recita del Santo Rosario, la partecipazione alle funzioni al Santuario.
Momento particolare la Via Crucis recitata e meditata nella Basilica S. Pio X a causa del perdurante maltempo, che tuttavia non ha “spento” il desiderio dei pellegrini di partecipare ai momenti intensi di preghiera e celebrazioni.
I momenti di preghiera comune sono momenti “personali”, “comunitari”, ma anche “voce dello Spirito” che prega in noi, quella preghiera “in spirito e verità” (Gv) che ci eleva a Dio.
Il santuario mariano di Lourdes è anche luogo di “comunione”, di fraternità, di umanità, di relazioni, di incontri…
Entrare nella grotta, bere e lavarsi alla sorgente, accendere il cero, compiere il gesto dell’acqua… gesti personali, ma anche gesti ecclesiali e comunitari, un “rinnovare” il Battesimo, recitare la professione di fede, ricordare i “gesti” di Bernardette, richiesti da Maria,
Nell’omelia della s. Messa internazionale domenica dell’11 settembre, presieduta dal Card. Francois- Xavier Bustillo, si sottolineava l’importanza del trovare un ‘ “oasi” di tranquillità tra la frenesia del mondo e delle cose: un’oasi per lo spirito per trovare un “cuore in movimento” fisico e spirituale.
Dal disorientamento alla visione di speranza, dall’immobilismo al “movimento”, verso la Luce, oltre le tenebre (Gen 1 e Gv 1).
La speranza non delude e Maria assicura, attraverso la preghiera l’intercessione a Gesù che fa “nuove tutte le cose”, il mondo e l’uomo.
Dalla grotta emanava la “luce”, quella luce che dovremmo portare anche noi al ritorno nelle nostre case e nelle nostre parrocchie.
Dal pellegrinaggio si torna… nella propria casa, in famiglia, nella propria parrocchia, nella propria comunità… ecco allora che il pellegrinaggio deve continuare, come impegno e servizio, come preghiera, come celebrazione dell’Eucaristia in comunione autentica.
Il pellegrinaggio ha visto la sua “conclusione” nel santuario mariano, presso la basilica della Madonna del Rosario, con la s. Messa celebrata proprio da don Valerio e concelebrata dai sacerdoti che hanno accompagnato i pellegrini dell’OFTAL e preceduta dal saluto del presiedente generale Mons. Gian Paolo Angelino.
Durante la santa Messa, nel commentare le letture del giorno (Gc 1, 1-11; Sal 118; Mc 8, 11-13.) ed in particolare la lettera di San Giacomo, don Valerio, sottolinea l’importanza di coltivare la pazienza nelle relazioni, a “imitazione” di Dio, Colui che ha pazienza e “usa” pazienza con il suo popolo.
La virtù della pazienza, accompagnata dalla speranza e dalla fede, offre lo sguardo dell’uomo sull’uomo, offre la possibilità di allacciare relazioni che partono dalla compassione per ogni essere umano, per le sue fragilità materiali, fisiche e spirituali e nasce dall’esercizio dell’umiltà, condizione necessaria per “purificare” gli occhi , la mente e il cuore.
Da Lourdes i pellegrini porteranno proprio queste parole: da quella grotta porteremo la “pazienza” e l’attenzione altro, alle cose, alle relazioni, porteranno il “silenzio” della grotta, che deve essere riempito dalla Parola meditata e donata, porteranno la forza dell’Eucaristia, vocazione e mistero di comunione, porteremo l’ “annuncio del cielo”, la “consolazione” dell’intercessione della Mamma celeste, non per “trattenerla” per sè, ma per donarla agli altri.