(Fabrizio Dassano)
Con una lettera del 19 dicembre scorso, a firma del dottor Joel Zisenwine, direttore del dipartimento dei Giusti fra le Nazioni, indirizzata ad Alessandro Viglia Atton a Bollengo, si comunicava che a don Stefano Cossavella sarebbe stato assegnato il titolo di “Giusto tra le Nazioni” (Chasidei Umot HaOlam) in riconoscenza dell’aiuto da lui prestato agli Ebrei a rischio della propria vita, durante il periodo della Shoah.
Narra la tradizione giudaica che ogni generazione conosce l’avvicendarsi di 36 uomini giusti (lamedvavnikim), dalla cui condotta dipende il destino dell’umanità: “Al passaggio della bufera, l’empio cessa di essere, ma il giusto resterà saldo per sempre”. (Proverbi, 10:25). Questa leggenda, implica la solidità del giusto, ferma come la roccia.
La seconda fonte da cui attingere è la Tosefta, un complemento della Mish-nah (La Torah orale). “Quando il giusto viene al mondo, il bene pure viene e la sventura è scacciata ma quando il giusto se ne va, è catastrofe e il bene lascia questo mondo”. (Tosefta, Sofa 10:1).
Ciascun uomo giusto si attiva per utilizzare il suo potere occulto nel momento in cui una minaccia incombe su di una comunità israelitica, ritornando nella clandestinità una volta che la sua missione sia compiuta.
Tutto questo ha contribuito a credere che uno straniero che improvvisamente faccia la sua comparsa e mantenga un atteggiamento misterioso, possa essere un lamedvavnikim. Interpretazione che si addice perfettamente alla figura eroica e schiva di don Stefano Cossavella che era nato a Bollengo da Marghe-rita Lagna Fietta e da Giovanni il 26 agosto 1885 e fu prevosto di Muriaglio dal 1932 al 1965. Il suo operato fu svelato soltanto sei giorni dopo la sua morte avvenuta il 2 luglio 1965, nella rubrica de “La Stampa” “Specchio dei Tempi”.
Tema riproposto qualche anno fa da Mario Rovetto, presidente del-l’Anpi di Castellamonte, sul semestrale “Canavèis” Au-tunno/Inverno 2015: questa la lettera scritta da uno dei salvati e apparsa sul quotidiano torinese: “Caro Specchio, è deceduto in povertà ed umiltà cristiana, il 2 luglio scorso (1965) in Muriaglio Canavese (frazione di Castellamonte) don Stefano Cossavella, parroco di questa frazione. Chi da Lui ha avuto protezione ed amore, aiuto morale e materiale sente il bisogno di rendere pubblico un vivissimo sentimento di riconoscenza che, Lui vivente, a causa della sua modestia infinita e ritrosia, non potè mai manifestare, ben sapendo che non gli sarebbe tornato gradito. Ora che non è più, adempio a un dovere, spinto dalla gratitudine, parendomi lecito che l’opera compiuta da questo Sacerdote negli anni bui del nazifascismo venga ricordata e pubblicamente additata. Perseguitato e ricercato nel settembre 1943 capitai a Muriaglio colla mia famiglia; don Cossavella ci accolse e sistemò in parrocchia – esponendosi a gravissimo rischio – con amore, affetto e assoluta dedizione. Ci difese da ogni pericolo, arrivando a costruire in casa un rifugio sicuro, inaccessibile. Stemmo con Lui oltre venti mesi, durante i quali affrontò i vari rastrellamenti con fermezza, coraggio e abnegazione, per difendere i suoi parrocchiani, per proteggere me e la mia famiglia. Alla fine di aprile del 1945 l’orda barbara di nazisti in fuga attraverso il Piemonte raggiunse Ozegna e Castellamonte: qui catturarono e uccisero mio fratello, tenente Sergio, che di Castellamonte liberata aveva preso il comando. Don Cossavella fu tra i primi ad affrontare i nazisti per cercare di recuperare i poveri resti di Sergio; e, poiché le belve inferocite non davano il permesso di traslare la salma a Muriaglio, Egli attese la notte, e con alcuni fedeli amici, trafugò e la trasportò in parrocchia dove allestì la camera ar-dente. Mente elevatissima, dotato di immensa cultura, sensibile alle più alte manifestazioni dello spirito, aiutò tutti i sofferenti che si rivolsero a Lui, perché la sofferenza del mondo era la sua sofferenza. Visse poverissimo, umile, francescano. Molto vorrei ancora dire di Lui: questo sia sufficiente; un piccolo modesto fiore di riconoscenza da parte di chi ha avuto la somma ventura, nel momento più disperato della sua vita, di trovare un secondo Padre. firmato: Dott. Armando Morello.”
La famiglia del medico Armando Morello, nascosta e salvata da don Cossavella, era fuggita dalla persecuzione antiebraica di Casale Monferrato, dove il clima si era fatto impossibile: ancora oggi si ricorda la delazione che provocò la cattura del medico Riccardo Fiz stimato e ben voluto, il “dottore dei poveri” lo chiamavano, preso insieme al fratello Roberto. Si erano rifugiati all’Ospedale di Santo Spirito, convinti di essere al sicuro tra i colleghi, ma traditi proprio in ospedale, furono catturati, portati in Germania e uccisi al campo di Dora-Nordhausen.
A Casale altri Morello erano caduti nella trappola mortale: Eugenia Treves Morello e la figlia Erminia Morello Luria che fecero la stessa fine dei Fiz. I nostri invece fuggirono da Casale grazie all’avvertimento di un Carabiniere, poche ore prima della retata di ebrei, e scapparono a Muriaglio. Oltre al medico Armando Morello, c’era la moglie Maria Gagliardone il cui fratello Giulio Cesare aveva un podere a S. Croce di Muriaglio, e i loro tre figli Vittorio, Luciano e Maria Grazia.
Il fratello di Armando, Sergio, un tenente allontanato dal regio Esercito perché ebreo, prese la via della lotta armata con i partigiani canavesani per poi venire ucciso dai tedeschi del 75° Corpo d’Armata in ritirata dalla Liguria nei primi giorni di maggio del 1945. Insieme ad Armando c’erano i suoi genitori, Ernesto Morello e Fiorenza Muggia. Il podere piccolo e poco riscaldabile non consentiva di passare l’inverno.
Così i nonni si trasferirono alla locanda del paese, Sergio si unì ai partigiani e Armando, la moglie e i tre bambini vennero nascosti in canonica da don Cossavella.
Nel 2020 Davide, il nipote di Armando che scrisse a Specchio dei Tempi, con l’aiuto dello storico Fabrizio Meni, insegnante di storia e filosofia al Liceo Classico “Cesare Balbo” di Casale Monfer-rato, redattore de i “Qua-derni di storia contemporanea” e vincitore del premio Acqui Storia 2021 per la narrativa con il romanzo Un due tre Stella! ha postulato il riconoscimento per don Stefano Cossavella.
Esaminato dalla Commissione presieduta da un ex presidente della Corte Suprema Israeliana, ha seguito un rigido criterio, i postulanti hanno prodotto documentazione e testimonianze. In dettaglio per la Commissione, l’atto di salvataggio deve essere stato effettuato da un non ebreo nei confronti di un ebreo; deve essere un atto che abbia evitato a uno o più ebrei il pericolo di morte immediata o la deportazione in campi di concentramento; il salvatore deve aver rischiato la propria vita per questo; il salvatore non deve averne tratto alcun vantaggio, né di natura economica né di altro genere, né immediato né futuro.
La Commissione ha preso in considerazione i rapporti specifici tra salvatore e salvato; le condizioni del paese e della zona in cui avvennero i fatti; il periodo storico in cui ciò accadde; ogni altro elemento in grado di evidenziare le caratteristiche di eccezionalità dell’azione del salvatore rispetto a un normale comportamento di aiuto al prossimo (degno comunque di rispetto). Don Stefano Cossavella si è aggiunto ai 766 italiani presenti nell’elenco del Yad Vashem.