“Metti la pace nel tuo cuore e una moltitudine sarà salvata”. Questa frase di un antico monaco mette in giusta luce un discorso sulla pace.

Non sgorga al di fuori delle persone, non è solo l’affare dei politici o delle fabbriche delle armi. Finché Caino rumina sentimenti di vendetta verso suo fratello la pace non farà fiorire la terra. È l’esperienza di Noè che, dopo tante lotte fratricide e un diluvio che ha lavato il mondo, vede l’arcobaleno, segno di un’alleanza che salva.

Ciascuno è responsabile della pace mondiale, perché è responsabile dei suoi atti, delle sue parole, dei pensieri di guerra contro cui non combatte. Anche il solo fare un discorso, scrivere un articolo, prendere una posizione in cui si nasconde l’odio fra le righe, anche se si lotta per una causa giusta, se si difende l’oppresso, se si vuol far sapere la verità, se c’è una goccia di avversità, di odio, di arroganza, si collabora all’incendio del mondo.

La pace costa cara e non è qualcosa di dolce e soffice. Se Gesù Cristo è la nostra Pace e se Lui ci dà la Sua Pace, questa ha sapore di croce che apre a una nuova vita: morte e risurrezione. Possiamo spingere chi detiene le redini del mondo a intervenire per evitare conflitti, per stringere alleanze e patti, ma se la lotta per la pace nei cuori non è globale, questa non potrà ridare la vita al mondo, massacrato da guerre e conflitti conosciuti e sconosciuti.

“Metti la pace nel tuo cuore” indica un qualcosa di attivo, di voluto, di cercato in una lotta contro se stessi e i propri istinti, e nello stesso tempo richiede un apostolato della Pace, perché non posso avere la Pace in me stesso se non lavoro perché ci sia la pace intorno a me. Abbiamo bisogno di occhi che guardano il vicino, il bambino della casa di fronte e la situazione mondiale: sguardo che salva e non giudica, che cerca il bene nascosto e non accusa ciò che si vede in superficie, che fa nascere una parola che va detta, anche se ne farei a meno, una parola che indirizza l’attenzione verso ciò che dà vita e non ciò che dà morte.

A tutti i livelli. Al giornale, dove ogni riga va pesata sulla sua capacità di provocare astio o benevolenza, ma anche in ogni persona di qualunque quartiere col suo semplice stare davanti trasmette volontà di pace o di conflitto.

Se non c’è perdono non ci può essere Pace. Questo ci dice la gratuità nella quale dobbiamo vivere e agire.