Non è la prima volta che le iniziative dell’Oratorio di Rivarolo suscitano in noi un pensiero: bisogna che riusciamo a farci invitare per prendere parte a qualcuna di queste esperienze educative veramente esemplari (non soltanto) da un punto di vista pastorale, ma anche avvincenti per come sanno prendere a paradigma il mondo reale che ogni ragazzo e ragazza vive tutti i giorni.
E, da lì, trarre insegnamenti tanto più efficaci e persuasivi proprio perché l’osmosi tra “ambiente” quotidiano e messaggio, “orizzonte” cristiano è assicurata da una sapiente “regìa”, capace di parlare al cuore ed alla mente, anche dei più giovani, con linguaggi accessibili ed efficaci.
Però, come abbiamo detto, magari anche qualche adulto un po’ attempato si potrebbe avvantaggiare di queste esperienze, per vari profili; tra questi sicuramente per prendere qualche lezione di tecnica della comunicazione.
Ma andiamo nel concreto: oltre 100 ragazzi, 40 animatori ed aiuto animatori, una quindicina di Catechiste, riunite all’Oratorio in un sabato pomeriggio che precede e prepara la IV Domenica di Quaresima, indicata nel calendario liturgico come Domenica “Laetare”, gioire.
Perché si chiama così?
Perché anticipa la gioia pasquale, e la spiegazione possibile di questo sentimento attinge ragioni, per esemplificare, dall’insegnamento delle Letture (2 Cr 36, 14-16. 19-23; Sal.136; Ef 2, 4-10; Gv 3, 14-21. ) che la Chiesa offre in questo giorno.
Circostanza che, se fosse semplicemente proposta così, parrebbe una lezione di catechismo anche un po’ difficile, forse destinata a non tenere l’attenzione dei destinatari per più di un quarto d’ora.
Invece, ecco la soluzione davvero ingegnosa che le Catechiste, coordinate dal Vice Parroco Don Antonio Luca Parisi, hanno escogitato.
Agli Animatori è affidato il compito di rivivere un capolavoro della cinematografia d’animazione, il famosissimo lungometraggio “Inside Out” di Pete Docter e Ronnie Del Carmen (2015).
La protagonista, Riley Andersen, è una ragazzina di 11 anni; vive le emozioni fondamentali (gioia, disgusto, paura, rabbia e tristezza) che concorrono a “sedimentare” i ricordi base, forgiandone la personalità.
In oratorio, le squadre di ragazzi, a loro volta organizzate come se si fosse a “Ciao Darwin”, fanno i conti con queste cinque emozioni.
Insomma, già così si vede che la preparazione di questa iniziativa ha richiesto fantasia, studio, esperienza e certo anche una leadership riconosciuta e capace di motivare.
Ma, naturalmente, non può finire con una semplice parodia fine a se stessa.
Il nesso con la prospettiva pastorale e rinvenuto con grande efficacia nella riflessione sulla Parola di Dio, offerta proprio dalla Liturgia di questa domenica (il gruppo conclude la giornata con la S.Messa festiva anticipata in San Michele).
L’accento è posto proprio sul sentimento di gioia, che la Parola ci aiuta ad identificare con la vera e non effimera gioia, quella che Gesù introduce nel mondo.
E’ soprattutto la Lettura del Vangelo di San Giovanni che ci invita a riflettere sul parallelismo tra due nozioni illustrate in altri capitoli della Parola di Dio.
Nell’un caso si tratta del richiamo esplicito al Libro dei Numeri, con il dono taumaturgico dato dal Padre a Mosè (Nm 21,4-9) al quale è comandato di fabbricarsi quel simulacro, fatto di rame, di un serpente, sicchè, guardandolo, l’insidia dei serpenti velenosi svanisse:
“9Mosè allora fece un serpente di rame e lo mise sopra l’asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di rame, restava in vita”.
Troviamo questo riferimento nel Vangelo di San Giovanni dal quale assumiamo, altresì, tre definizioni del Salvatore grazie alle quali possiamo mettere a fuoco proprio il messaggio che sta a cuore trasferire con chiarezza ai ragazzi, perché essi possano custodirlo, coltivarlo nel cuore, renderlo al centro della propria vita.
Ecco le definizioni, secondo questa incomparabile “pedagogia” evangelica.
La prima: Gesù è “Figlio dell’uomo”.
Non è una possibilità filosofica, una suggestione intellettuale, è carne viva, Dio si fa come la propria creatura, che ama ed alla quale, nonostante tutte le infedeltà e debolezze (oggi si dice “fragilità”, ma è lo stesso) in cui ricade nel corso della Storia, così come nel corso della vita di ciascuno, non vuole rinunciare.
Dio, così, manda il suo unico Figlio (la seconda nozione: Figlio di Dio): unico, non già perché non ne avrebbe potuti mandare altri.
Unico, perché Gesù è la sola e definitiva rivelazione del Padre, quella “Via” per la quale la salvezza è possibile: Figlio di Dio, dunque, perchè quella è “la” via, non una delle varie possibili strade per la salvezza; ma si percorre quella via non perché a ciò si sia in qualche modo “predestinati”.
L’uomo e la donna sono, invece, ad essa “pre-ordinati”, cioè sono “capaci di Dio”: ma dobbiamo “scegliere”, deciderci per Dio.
Quel libero arbitrio, che non permette all’umana creatura di essere per nessun motivo assimilata a nessun’altra creatura, che spiega la ragione di una nostra “somiglianza” con il Creatore, così come è un privilegio, è assolutamente esigente.
In questa decisione sta la nostra vera e non mendace libertà, sta la forza che ci rende davvero affrancati dalla servitù degli idoli.
L’idolo, poi, è sempre bugiardo.
Sicchè il nostro seguire Gesù – “Via”, significa proprio camminare verso la “Vita” sulla strada della “Verità”: nessuna altra strada porta alla vita vera.
Infine, la terza nozione che si rinviene in questo brano di Vangelo.
Gesù è la luce.
Luce vera, al contrario dei tanti bagliori che illuminano e talvolta ci abbagliano lungo la scena della nostra vita.
San Giovanni, per dir così, “cita” sé stesso: lo abbiamo sempre letto e, forse, non solo letto, ma davvero “contemplato”, in quell’incomparabile primo Capitolo del suo Vangelo:
”4 In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
5 la luce splende nelle tenebre,
ma le tenebre non l’hanno accolta.
6 Venne un uomo mandato da Dio
e il suo nome era Giovanni.
7 Egli venne come testimone
per rendere testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
8 Egli non era la luce,
ma doveva render testimonianza alla luce.
9 Veniva nel mondo
la luce vera,
quella che illumina ogni uomo”.
***
In questo terzo Capitolo facciamo – per dir così – un passo in più.
Perché gli uomini non hanno accolto la “luce vera”?
Perché le loro opere “erano malvagie”.
Ed è questa la sfida aperta per noi ogni giorno, nella esperienza quotidiana di ciascuno, come in quella collettiva; nella dimensione individuale, così come in quella sociale: il paradigma non cambia.
La possibilità della scelta tra luce e tenebre è sempre lì ad interpellarci, a chiamarci, ad offrirci di decidere per Dio.
***
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