Il “campo largo” del centro-sinistra si è fermato in Abruzzo, con la riconferma del Governatore Marco Marsilio a capo della coalizione di centro-destra; si ridimensiona la vittoria in Sardegna della pentastellata Alessandra Todde, determinata essenzialmente dalla lotta intestina tra Lega e Fratelli d’Italia. E anche il ritorno alle urne non c’è stato: ha votato un elettore su due, un punto in meno delle precedenti regionali.
Unire le opposizioni non basta per cambiare la scena politica: il cartello dei no è insufficiente, perché i cittadini chiedono di scegliere un modello di società, mentre Pd, Grillini, Verdi-sinistra, Azione, Italia Viva continuano a presentare proposte diverse su temi decisivi. In politica estera c’è divisione su tutto: dal giudizio sulle guerre in Ucraina e Medio Oriente ai rapporti con l’Europa e gli Stati Uniti; in economia c’è il fossato tra il liberismo di Calenda e Renzi e il neo-assistenzialismo dell’ex premier Conte, divergenze analoghe sulla giustizia tra il garantismo anti-toghe e il “partito dei giudici”; lo scontro diretto sinistra-destra (tesi Schlein) non è condiviso da Conte (che con la Lega ha governato) e dai Centristi; questi, a loro volta, sono in difficoltà nell’alleanza con i Radicali per la lista unica europea con Macron, dopo la scelta francese di imporre, nella Costituzione, “il diritto di aborto”, tesi che il presidente francese vuole esportare anche nell’Unione Europea. Sono poi all’ordine del giorno i contrasti all’interno del Pd tra la maggioranza di sinistra che regge la nuova segreteria e la componente riformista guidata da Bonaccini, critica sulle scelte radicali di Schlein.
Nel voto abruzzese il Pd è cresciuto (attorno al 20%), ma si sono indeboliti Centristi e Grillini. Soprattutto Conte ha registrato una sconfitta pesante, scendendo in due anni, dal 18 al 7% a conferma di un elettorato “misto”, in parte progressista e dall’altro “populista”, come il fondatore Grillo ai tempi d’oro del Movimento. Questa “doppiezza” è la vera sfida per il “campo largo”, perché spinge molti grillini alla scelta solitaria, a cominciare dalle prossime regionali in Basilicata e Piemonte.
La vittoria in Abruzzo, se da un lato favorisce il Governo Meloni, dall’altro crea problemi politici nella coalizione per il sorpasso di Forza Italia ai danni della Lega: 13 a 7; il partito di Salvini è in fibrillazione: teme un voto europeo sotto il 10% e si infittiscono voci e manovre sulla possibile sostituzione del leader del Carroccio, ritenuto poco “nordista” e troppo a destra. Dopo il 9 giugno la Meloni potrebbe ricorrere ad un rimpasto per “premiare” Tajani, alleato fedele, e “punire” Salvini, sempre in polemica sulle principali decisioni.
Intanto restano “congelate” le scelte sulle due riforme: il premierato elettivo e l’autonomia regionale; un sondaggio preoccupa la Meloni: per la prima volta sono in maggioranza i contrari al premierato, con il rischio di un insuccesso al referendum, come avvenne per il Governo Renzi (che si dimise).
Lo “scavalco” di Forza Italia sulla Lega, se confermato nel voto per Strasburgo, cambierebbe anche gli equilibri sull’Europa, con Tajani contrario ad ogni intesa con l’estrema destra nazionalista e populista, deciso a isolare i partiti alleati con Salvini. La rottura a Strasburgo Popolari-Identitari costringerebbe anche la Meloni a uscire dalla linea del doppio binario: con la presidente Ursula von der Leyen, con l’estrema destra di Vox, Orban…
Infine un’annotazione sulla disaffezione al voto, che continua a crescere, nonostante il grande interesse dei media per l’Abruzzo e la presenza in campagna elettorale di tutti i leader nazionali. Forse, in un’elezione regionale, i cittadini si attendono un maggiore spazio prioritario alle questioni del territorio e alla scelta dei nuovi amministratori, mentre il leit-motiv della politica e dell’informazione è il duello destra-sinistra; è un modello americano, che non attrae metà degli elettori e che dovrebbe far ripensare sulla completezza dell’attuale sistema politico. L’esempio dello scontro Trump-Biden non è esaltante, la divisione manichea del Paese non agevola la soluzione dei grandi problemi aperti.