(ferdinando zorzi) – Lunedì 18 marzo, presso il salone dell’oratorio Sant’Andrea, si è svolto il secondo di due incontri quaresimali di catechesi per adulti nelle parrocchie di Caluso.
Relatore dell’incontro dal titolo “Fate questo in memoria di me”, come per il primo appuntamento, è stato l’arciprete Don Loris Cena.
Filo conduttore dell’intervento è stata l’Eucaristia: essa è il centro di tutto l’anno liturgico.
San Giovanni Paolo II nell’enciclica Ecclesia de Eucarestia del 17 aprile 2003 invita i cristiani a mantenere vivo lo stupore eucaristico onde evitare di cadere nella routine.
Nell’Antico testamento ci sono delle figure, ovvero delle prefigurazioni, dell’Eucaristia come la manna nel deserto, il sacrificio di Melchisedech, il sacrificio di Isacco.
Con l’avvento di Gesù l’Eucaristia non è più una figura, bensì un evento avvenuto nel tempo e nello spazio con la caratteristica di essere irripetibile.
Con evento si intende qualcosa che ci ricollega alla storia e con sacramento ciò che si realizza ogni volta che un sacerdote celebra, un segno visibile di una realtà invisibile.
Vi è dunque un nesso tra il sacrificio di Gesù sulla croce e la Messa che celebra il sacrificio, rinnovandolo.
La Messa non è rappresentazione teatrale della storia, ma un ri-rappresentare la croce.
Se viviamo la Messa come un momento di rinnovamento di Gesù sulla croce non possiamo dire che la Messa sia lunga e noiosa!
L’Eucaristia è anche ascolto della Parola di Dio: la Chiesa nascente dopo la resurrezione di Gesù vedeva gli apostoli che continuavano a frequentare il tempio ebraico per la lettura della Parola e che poi si riunivano nelle case a spezzare il Pane.
Questa doppia prassi diventò una soluzione impraticabile a causa del controllo delle autorità.
Il culto dei cristiani diventò allora unico con la liturgia della Parola che precede la liturgia eucaristica: così nasce il primordiale rito della Messa.
Si può intravedere la prima struttura dell’Eucaristia nell’episodio dei discepoli di Emmaus in Lc 24, 13-35: essi riconobbero Gesù dallo spezzare il pane.
Nel II secolo San Giustino propone la prima liturgia della Parola con “Le memorie degli apostoli” con cui intendeva i Vangeli, le lettere, vale a dire il Nuovo Testamento.
I Padri della Chiesa, abbandonata la Sinagoga, trattennero il rito della lettura delle Scritture.
Nella lettura del Vangelo l’espressione iniziale “In quel tempo…” diventa “In questo tempo…”, questo perché non siamo solo uditori, bensì attori e interlocutori della lettura, entriamo nel Vangelo, prendiamo il posto dei personaggi evocati.
La Parola di Dio ha questa risorsa, non è monotonia, questo perché la Parola di Dio è opera dello Spirito Santo, su di essa scende l’opera dello Spirito Santo.
Nella Costituzione dogmatica Dei verbum del 1965 emerge come la Sacra Scrittura debba essere interpretata alla luce dello Spirito Santo che ne ha ispirato la stesura.
Il primo nome che viene dato all’Eucaristia lo troviamo nella prima Lettera di San Paolo ai Corinzi (11, 20) ed è “Pasto del Signore” in cui c’è ancora una presenza del culto ebraico.
Nella cena pasquale, infatti, il padre di famiglia recitava una preghiera di benedizione sul pane che poi si spezzava e veniva distribuito ai commensali.
Così come fa Gesù nell’ultima Cena: è qui che il rito diventa realtà.
Nella cena ebraica seguiva un secondo rituale, quello del calice benedetto sempre dal padre dal quale poi tutti bevevano; allo stesso modo questo è stato ripreso da Gesù che usa sì una formula ebraica, ma aggiunge “della nuova alleanza”.
Gesù è il nuovo agnello, proclama la nuova alleanza che è anche eterna nel suo sangue.
Gesù aggiunge “fate questo il memoria di me” quindi il memoriale perenne dell’evento.
Con la parola memoriale non si intende che la Messa è solo una memoria, ma l’atto storico si fa presente lì nella chiesa dove viene celebrata l’Eucaristia.
La Comunione viene prima della gerarchia: la riceve il semplice battezzato, ma anche il Sacerdote, il Vescovo, il Papa.
È comunione verticale quando si intende la comunione con Dio ed è orizzontale quando è comunione tra i fratelli.
San Leone Magno Papa dice che la partecipazione al corpo e sangue di Cristo non fa altro che farci diventare ciò che mangiamo.
Non solo Lo assimiliamo, ma ci assimila a Lui: c’è una comunione (verticale) sponsale con Cristo, la nostra umanità diventa l’umanità di Cristo.
La comunione con il corpo di Cristo (orizzontale) è un partecipare all’unico pane.
La presenza reale di Gesù nell’Eucaristia c’è anche al di fuori della Messa nelle ostie consacrate nel tabernacolo: corpo-sangue-anima-divinità di Gesù.
È bene quindi, quando si entra in chiesa, farsi il segno della croce con l’acqua benedetta, fare la genuflessione e prendere posto nel banco inginocchiandosi e dicendo una preghiera.
Si può anche fare la Comunione spirituale, desiderando che Gesù venga nel nostro cuore, anche visitando una chiesa recandosi là dove è deposto il Santissimo Sacramento.
Il Santo Curato d’Ars diceva: “Dopo la Consacrazione, Dio è qui come in Paradiso… Se l’uomo capisse questo, morirebbe d’amore!”.
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