La campagna elettorale per le Europee accentua lo scontro “tutti contro tutti”, dentro e fuori l’area di governo. Il vice-premier Tajani contro il ministro dell’Economia Giorgetti sul super-bonus edilizio, l’altro vice-premier Salvini propone il ritorno alla leva obbligatoria contro il parere del titolare della Difesa Crosetto, il quale a sua volta attacca il ministro forzista Zangrillo, favorevole alle dimissioni del Governatore della Liguria Toti (finito agli arresti domiciliari per la “tangentopoli” genovese).

Nell’opposizione c’è la rivolta contro la Schlein per il confronto televisivo con la Meloni: Conte, Bonelli, Fratojanni e i centristi chiedono la “par condicio” e annunciano ricorsi contro la scelta della Rai e di Bruno Vespa. Anche Tajani è d’accordo: propone un confronto a molte voci. In altre parole metà Parlamento non riconosce il bipolarismo destra-sinistra nella versione FdI-Pd, “de facto” sconfessando la logica dei blocchi contrapposti. Il “campo largo” è ulteriormente compromesso, ma anche l’egemonia della Meloni è discussa.

In questo contesto confuso e poco attento ai temi europei e nazionali (il titolare dell’Economia ha confessato in Parlamento che “sono finiti i soldi”, con un chiaro richiamo all’avvio di una fase di austerity) è toccato ancora una volta al Quirinale richiamare la politica al primato del “bene comune”, con riferimenti precisi a due temi caldi: la libertà e la giustizia.

Sergio Mattarella ha espresso pubblicamente la sua solidarietà alla ministra per la Famiglia Roccella, impedita di parlare al Forum nazionale sulla natalità da un gruppo organizzato di contestatori dell’area della sinistra radicale. Il Presidente ha ricordato che la Costituzione garantisce a tutti il diritto di parola, senza eccezioni. Alcuni commentatori, a giustificazione della protesta, hanno ripreso le posizioni critiche sull’aborto della ministra. Ma in Italia non c’è il pensiero unico sul “diritto d’aborto” (che coinvolge il tema delicatissimo del diritto alla vita).

La censura preventiva all’on. Roccella è come la maldestra scelta della Rai sull’antifascismo dello scrittore Antonio Scurati: le sue parole oscurate sono state riprese dalla stessa premier, consapevole del vulnus determinato dalla nuova dirigenza Meloni della tv pubblica.

L’altro segnale importante del Capo dello Stato ha riguardato il tema caldissimo della Giustizia: nel pieno dello scontro tra il Governo e la Magistratura ha partecipato al Congresso dell’ANM (il sindacato nazionale dei giudici) per ricordare il ruolo fondamentale che la Costituzione assegna al Terzo Potere, con la piena tutela della sua autonomia. Non una scelta di parte, ma il rilancio di una precisa funzione istituzionale, a garanzia dei cittadini. La Magistratura non può essere uno strumento del Governo (o dell’opposizione); da Tangentopoli in poi la richiesta di immunità della classe politica colpita dalle inchieste si è scontrata con la legittima esigenza di verità da parte dell’opinione pubblica.

E anche nella vicenda ligure, al di là dei risvolti penali su cui si pronuncerà il Tribunale, emerge un rapporto subalterno tra dirigenza politica e mondo degli affari, con un rovesciamento dei compiti e delle responsabilità; l’inchiesta giudiziaria ha fatto emergere uno “strapotere” del denaro rispetto alle priorità che devono essere indicate dalle assemblee elettive. Peraltro il Consiglio regionale appare “svuotato” dal ruolo esorbitante del Governatore, spesso “uomo solo” nelle sue decisioni. Una situazione giuridica che deve far riflettere mentre si discute sulla proposta costituzionale del “premier elettivo”, con una concentrazione di funzioni su Palazzo Chigi e lo svuotamento di quelle del Colle.

Per intanto, con una “mission” rigorosamente super partes, Sergio Mattarella mantiene ferma la barra sul rispetto integrale della Carta, con un invito chiaro alle forze politiche a far prevalere l’interesse generale del Paese; e anche sulle inchieste giudiziarie, che riguardano trasversalmente Bari e Torino, Palermo e Genova, non è esaltante il gioco delle bandierine (colpevolisti o innocentisti) a seconda dei politici coinvolti.

Discutiamo piuttosto di nuovi strumenti per la promozione del “bene comune”, con un rilancio concreto del primato dell’etica. Il difficile rapporto tra classe politica ed elettori verrebbe migliorato, battendo la sfiducia e il facile “populismo”.