“Il tema della natalità mi sta molto a cuore” aveva esordito Papa Francesco alla IV edizione degli Stati Generali della Natalità tenutisi a Roma il 9 e 10 maggio scorsi. “Realismo, lungimiranza e coraggio” le parole chiave.
Il Papa ha contestato le tesi “che mettevano in guardia sul numero degli abitanti della Terra, perché la nascita di troppi bambini avrebbe creato squilibri economici, mancanza di risorse e inquinamento”. Tesi che parlano degli esseri umani come se fossero dei problemi. “Ma la vita umana non è un problema, è un dono” afferma il Papa. E alla base dell’inquinamento e della fame nel mondo non ci sono i bambini che nascono, ma le scelte egoiste, il delirio di un materialismo sfrenato e di un consumismo che intacca alla radice l’esistenza delle persone e della società. Da qui l’invito a fare scelte coraggiose in favore della famiglia, lungimiranti e un impegno maggiore dei governi.
Non da oggi, ma oggi più che mai, l’Europa da “Vecchio Continente” sta diventando un continente vecchio, stanco, rassegnato. “Perché non si riesce a frenare questa emorragia di vita?” si è chiesto il Papa.
La IV edizione degli Sgdn aveva come titolo “Esserci. Più giovani più futuro”: una specie di “cantiere di speranza” con un obiettivo preciso, “la primavera demografica, non perché siamo preoccupati da chi ci pagherà le pensioni ma perché vogliamo che i nostri figli siano liberi” riferiscono gli organizzatori.
Restano i sogni; quelli che i giovani difficilmente riescono a realizzare. Restano le teorie: non è in quanti siamo al mondo il problema, ma che mondo stiamo costruendo. Resta la zavorra della precarietà occupazionale, il vuoto di generosità e di solidarietà, le vecchie abitudini e gli stili di vita obsoleti.
Resta poca libertà per scegliere tra maternità e lavoro, se uno o due o nessun figlio perché costa troppo mantenerli. Un vecchio copione, tutto da rifare, sbrigandoci anche un po’. Ne va del futuro del nostro Paese, che deve tornare a sperare, a desiderare il proprio avvenire, dalla parte della vita.