Cinque anni fa, poco prima dell’inizio della pandemia, mentre visitavo la sede di Palermo del Banco Farmaceutico, fui invitato a partecipare ad una colazione speciale. È accaduto di nuovo all’inizio di maggio di quest’anno, alla fine di un tour di presentazione del libro dedicato al grande missionario comboniano Pietro Tiboni a Ragusa, Siracusa, Messina, Giarre, Palermo ed Alcamo.
Arrivati a Palermo, Giuseppe ed io siamo stati invitati alla colazione di “quelli del sabato”. Da 18 anni, con una costanza che lascia stupiti, alcuni amici si trovano il sabato mattina alla Messa in cattedrale. Poi l’inizio della giornata viene accompagnato dalle prelibatezze del famoso “cibo di strada” palermitano. Attratti da cannoli, brioches e granite, abbiamo ceduto ad un iris ripieno di ricotta e scaglie di cioccolato. A Palermo può succedere di tutto, sia di scoprire un gruppo di amici che gioiscono della cucina della loro terra e insieme leggono a colazione un libro che nutre l’anima, sia di essere sfiorati da un cavallo imbizzarrito che sfreccia per la piazza della Cattedrale (fatto realmente accaduto!).
Il gruppo nasce attorno all’esperienza del Baglio, l’opificio artigianale di Calogero Zuppardo, dove grazie ad una rete di 200 artisti si realizzano splendide vetrate e altre opere di grande pregio.
L’ultima tappa del tour “Tiboni in Sicilia” è stata a ad Alcamo. Abbiamo approfittato per visitare il Belice, teatro nel 1968 di un tremendo terremoto di cui rimangono i monumenti della memoria, come il “Cretto” di Alberto Burri, le rovine cementificate di Gibellina a ricordo silenzioso della tragedia. A Santa Margherita del Belice, famosa anche per il Palazzo del Gattopardo, abbiamo ammirato nella nuova chiesa del Santissimo Rosario – che ha sostituito la Chiesa Madre distrutta dal terremoto ed ora museo della memoria – le splendide vetrate che ravvivano luminose il tempio cristiano, quale segno di speranza. Opere realizzate nel laboratorio del Baglio dal compianto Americo Mazzotta, famoso per le vetrate della chiesa di San Giuseppe Lavoratore ad Auschwitz, vicino al campo di sterminio.
Quel gruppo di fronte alla cattedrale di Palermo era anch’esso una vetrata, le cui tessere erano i loro volti lieti e seri, uniti dalla intelaiatura di un’amicizia, che ha accolto il grande artista, la cui arte era “una continua ricerca sul proprio destino”.